‘Voi dovete avere la forza della critica totale, del rifiuto, della denuncia disperata ed inutile. Con affetto. Vostro P.P.P’. Sono queste le parole che, attraverso un personale pensiero, introducono gli spettatori alla rappresentazione della serata. Nella piacevolissima bomboniera del Teatro dei Filodrammatici è in scena “Tutto il mio folle amore”, primo di quattro spettacoli che compongono la rassegna “Gli Arrabbiati del Naviglio” iniziata il 24 febbraio ed in programma fino al 22 marzo e dedicata alla energie teatrali che si sono formate artisticamente a Milano, luogo che ha dato loro spazi e possibilità espressive.
Nel caso di “Tutto il mio folle amore” di e con Alberto Astorri e Paola Tintinelli si tratta di attori nati e cresciuti a Milano. Il primo laureato in Filosofia si è poi diplomato all’Accademia dei Filodrammatici, la seconda diplomata all’Accademia delle Belle Arti di Brera come pittrice ha poi frequentato la scuola di teatro con Antonietta Storchi. Entrambi insieme in “La zecca” hanno recentemente inscenato al Teatro dei Filodrammatici, nell’ultimo San Silvestro, “Don Chisciotte. Ovvero come fallire la propria vita, ma fallirla di poco” .
“Tutto il mio folle amore. S-concerto poetico per un profeta popolare: Pier Paolo Pasolini” è a metà fra un reading delle composizioni pasoliniane e un concerto che riporta al secondo dopoguerra. Il palco è un trionfo di oggetti, quasi una piazza di paese: alberelli di lampadine, bonsai, impalcature, un manichino su una sedia, una televisione, una radio. Sullo sfondo un telone bianco, come quelli dei cinema all’aperto.
Lo spettacolo procede in un alternarsi situazioni, quasi una biografia-tributo a Pasolini: vengono citate le “Lettere Luterane”, i versi in friulano di “La meglio gioventù”, ed estratti da “Le ceneri di Gramsci”. Poi l’audio dell’”Accattone” e una proiezione di Kurosawa. Una piacevolissima riproduzione di un estemporanea emittente radiofonica ed il gioco del calcio quale leggero intermezzo sino a giungere agli ultimi scritti pasoliniani di denuncia sociale e politica.
Piacevole utilizzo di metafore, come quella del fiore calpestato ad indicare la morte prematura del poeta, oppure come quella del cappio che Fefè si stringe al collo mentre innaffia il piccolo alberello al quale lega l’atra estremità quasi a simboleggiare la costruzione di un futuro assassino. Sul palco prende corpo il punto di vista pasoliniano riletto dai due giovani attori che, tra momenti di smarrimento e irrequietezza alternati ad attimi più spensierati, fanno esplodere la loro rabbia quale reazione furibonda ad una società incamminata verso cecità e omologazione.
Spettacolo difficile e corposo, può essere compreso al meglio conoscendo le opere pasoliniane. Buona l’idea di tradurre simultaneamente i versi friulani, forse da rivedere qualche piccolo dettaglio narrativo. Nella moderna rappresentazione i due attori sono anche tecnici delle luci e dei suoni: la Tintinelli, difatti, direttamente sul palco gestisce un poliedrico mixer da cui sapientemente dirige audio ed effetti luminosi. A questo proposito bisognerebbe armonizzare maggiormente il già ottimo lavoro audio evitando il raro sovrapporsi delle parole coi suoni.
Concepita come un opera aperta, Astorri e Tintinelli giocano intelligentemente la carta del coinvolgimento del pubblico. Tutto ciò, unito ad un approfondito studio di Pasolini ed interpretazione ricca di trasporto da parte degli attori rende “Tutto il mio folle amore” sicuramente una buona prova.
Milano, Teatro dei Filodrammatici, 28.02.2009
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(MI)