Prosa
UN CALCIO IN BOCCA FA MIRACOLI

Scatole e scrigni. Sono qu…


	Scatole e scrigni. Sono qu…

Scatole e scrigni. Sono queste forme di geometria solida, a stringere i lacci con cui si cuce la storia del "vecchiaccio", come si autodefinisce questo falegname metà stralunato, metà cinico, che dentro questi oggetti, i suoi parallelepipedi costruiti ad arte (ma nemmeno tanto) è come se avesse rinchiuso anche uno ad uno i pezzi di se stesso, per non metterli troppo a contatto con una realtà che procura soprattutto fastidio, e dalla quale invecchiando cerca sempre più di allontanarsi ("Non si riesce mai ad eludere del tutto gli altri").

Un calcio in bocca fa miracoli, lo spettacolo tratto dall'omonimo romanzo di Marco Presta con Giancarlo Cosentino, Federica Aiello e Mario Migliaccio, mette in scena le parole di un autore che si esprime soprattutto attraverso una fortunata e benemerita trasmissione radiofonica, piena di equilibrio ed umorismo, e mostra l'esistenza apparentemente spigolosa di un anziano che ha fatto di tutto per deprezzare ogni elemento della sua vita di (ex) marito, di padre inetto, di scarso falegname e di inaffidabile amico, fin quando, come se in fondo al suo animo fossero terminati gli anticorpi alla vita, un ultimo sussulto produce un inatteso riscatto affettivo.

Il protagonista ha bisogno di parlare sempre, di narrarsi come in effetti spesso l'età avanzata impone, ed offre al pubblico immagini in cui non ci sono atti o situazioni eroiche, ma solo atteggiamenti che cedono alla vita, quella che ti segna e sembra perseguitarti, ma con la presenza di un opposto che infatti funge da contraltare, quell'amico Armando che incomprensibilmente si è votato alla leggerezza ed al bene da dispensare senza motivo. Rubare le penne biro è uno dei pochi tratti del suo agire che lo lega ad una inopportuna "normalità", come magari anche la "fame" per la portiera procace, mentre per il resto scivola con troppa enfasi verso una morale ammantata di rassegnazione ed inerzia, anche esplicitata con un didascalico discorso diretto al pubblico, in una parentesi che fa pensare a quanto sia invero non del tutto riuscita, questa trasformazione di un monologo/testo di un libro, in scene che ne fanno da contrappunto. Va detto però che Giancarlo Cosentino copre ogni istante con una trasfigurazione ottima ed assai stringente, facendo vivere il vecchiaccio in maniera impetuosa anche attraverso la parte forse più accattivante della rappresentazione, quella delle battute di cui l'autore è esperto e che a volte si rincorrono anche in modo originale ("Il matrimonio si contrae, come le malattie", ed infatti sarà essa a cambiare l'espressione del suo viso).

Visto il 27-10-2015
al Galleria Toledo di Napoli (NA)