Classica

Aldo Sisillo: "Musica colta, contemporanea, pop, rock... non ci sono barriere nella musica"

Aldo Sisillo
Aldo Sisillo

Mostra sempre un'olimpica tranquillità, e una signorilità d'altri tempi. Ma non sta mai fermo, ha mille impegni e pochissimo tempo libero che trascorre con l'hobby della lettura.

Aldo Sisillo è direttore artistico del Teatro Pavarotti di Modena e del Festival delle Nazioni di Città di Castello, e dirige concerti ed opere un po' in tutto il mondo. E' appena tornato dal Cile dove ha presentato lo Stabat Mater di Rossini. In più dedica parte del suo tempo all'insegnamento in Conservatorio. Tanti impegni, peraltro sempre assolti al meglio. Come faccia, è un mistero. Ogni volta che ci incontriamo dimostra una certa olimpica tranquillità, oltre che un particolare garbo da gentiluomo d'altri tempi.

Cerchiamo di carpire il segreto della sua vitalità nel corso di una chiacchierata lunga e piacevole, che abbiamo condensato per voi.


Ti sei formato musicalmente a Napoli prima e Bologna poi. Quale delle due città è stata più importante?
Diciamo che a Napoli ho iniziato la mia formazione. Dapprima per tre anni al violino, che ho poi un po' messo da parte. Mio padre – che pure era musicista - voleva che facessi studi “alti”, ma io ero troppo appassionato della musica. Ho cominciato lì, poi a vent'anni sono arrivato a Bologna per continuare al conservatorio diplomandomi in flauto, e al DAMS laureandomi in etnomusicologia. Il DAMS era appena nato, e disponeva allora di docenti formidabili come Clementi, Donatoni, Rognoni, Bortolotto, Leydi, Eco, e Giuliano Scabia per il teatro. Insegnanti molto disponibili ma nel contempo molto esigenti. A fine anni '70 l'ambiente era incredibilmente stimolante, e con pochi studenti: nella classe di Donatoni eravamo in 3 o 4. Si doveva lavorare sodo, e per l'indirizzo musicale era indispensabile un solida preparazione di base. Direi che considerando la ricchezza culturale e musicale, ed il fatto che lì ho cominciato la carriera, Bologna ha contato di più. Tanto che, pur tornando sempre volentieri a Napoli – altra città piena di stimoli - da allora ci sono rimasto.

Nel tuo avviamento alla direzione d'orchestra, chi ha contato di più?
E' un po' difficile dirlo... dapprima cominciai un corso lungo ed impegnativo con Vladimir Delman, all'epoca direttore stabile del Comunale di Bologna. Poi ho seguito per un po' Massimo De Bernart, persona squisitissima e musicista originale, artista mai scontato. Poi ai tempi d'oro del Cantiere di Montepulciano ho frequentato i corsi di Gianluigi Gelmetti, col quale ho poi lavorato come collaboratore in contesti eccezionali, da Stoccarda al ROF di Pesaro, dove lui ha diretto cose memorabili. Ognuno di loro era diverso, ognuno mi ha trasmesso qualcosa.

 

Ornette Coleman e Aldo Sisillo, in Skies of America - foto R.P. Guerzoni


Caso non frequente, affronti spesso e volentieri musica contemporanea. Hai persino suonato con Ornette Coleman... da dove nasce questa passione?
Premetto che già a Napoli avevo fatto molte esperienze pop, suonando il basso in un gruppo. Con Coleman ho eseguito l'unico suo brano per grande orchestra, Skies of America. Mi hanno sempre appassionato i compositori “di confine” come Heiner Goebbels, cui piace esplorare diversi generi musicali. Per me non ci sono barriere tra il mondo diciamo “colto” e l'extra colto: da noi questa frattura magari c'è, ma in altri paesi no. Ed ho sempre avuto interesse per il teatro contemporaneo, mondo che mi appassiona. Mi attira anche la cultura pop, tanto che feci dieci anni fa un progetto importante con il cantante Mike Patton e l'Orchestra Toscanini, portando in tournée un concerto dedicato alle canzoni italiane degli Anni '50 e '60. E' un interesse che ho portato sia al Festival delle Nazioni, sia nella programmazione di Modena.

Con Città di Castello in effetti collabori ormai da una decina d'anni al Festival delle Nazioni. Come lo intendi, come lo vedi? 
Voglio che la musica del paese preso a tema sia presentata – nel limite del possibile – nei suoi più vari aspetti: nel 2017 per l'Armenia abbiamo affrontato anche il filone della sua musica popolare, l'anno scorso per la Germania il kabarett berlinese. Ma soprattutto, ho sempre voluto offrire nel contempo un quadro dell'identità culturale, e dell'evoluzione sociale e politica del paese che ospitiamo. E' questo che alla fine distingue il nostro festival dagli altri.

Hai invitato anche pop stars un po' particolari come Noa, Bregovich e quest'anno la praghese Lenny.
E' perché l'interesse per la cultura pop-rock in me non si è mai spento. Ed ho preso questa direzione appena arrivato qui, con l'intento di dare vari assaggi di quello che succede nei vari paese, anche in ambito extra classico. Nel 2008 ad esempio – edizione dedicata ad Israele - abbiamo chiamato Idan Raichel: star popolarissima in patria, del tutto sconosciuta da noi.
 

Le nozze di Figaro, Modena 2013 - foto R.P. Guerzoni


Sono molti anni che sei alla guida artistica del Teatro Pavarotti di Modena.
Mi pare dal 2002, con l'avvento della Fondazione, quando si chiamava ancora semplicemente Teatro Comunale. Mi hanno sempre rinnovato la fiducia, quindi credo di aver lavorato bene. Appena arrivato, anche qui ho voluto rinnovare un po' una programmazione tradizionale, cercando però un certo equilibrio: tenendo presente cioè l'amore del pubblico il grande repertorio, ma cercando nel contempo di stimolarne la curiosità verso cose meno conosciute. Anche con aperture al moderno, commissionando per esempio tutti gli anni un'opera lirica nuova a compositori come Ferrero, Galante, Boccadoro, Tutino. O come Mario Pagotto, meno noto ma anche lui molto bravo. Compositori che nel loro lavoro mostrino di tener conto - e fatto proprio - di tutto quanto è successo nel Novecento: non solo in campo classico, ma anche nell'operetta, nel musical, nella musica jazz, pop, rock, e quant'altro. Abbiamo inserito in cartellone anche piccoli lavori moderni adatti ad un pubblico di giovani -affidandone la regia a talenti emergenti- nell'intento di offrire ad esso un linguaggio visivo e gestuale più contemporaneo.

Trovi anche tempo per insegnare al Conservatorio di Parma.
Dopo aver preso il diploma di flauto vinsi la cattedra diventando di ruolo e cominciai molto presto ad insegnare questo strumento. Non ho mai smesso, poiché resta una parte importante della mia vita. Ho anche avuto delle grandi soddisfazioni con alcuni dei miei allievi.

Cosa ci offrirai per l'imminente futuro?
A breve ho in vista qualche concerto sinfonico, ma il maggior impegno sarà la nuova produzione di Andrea Cheniér, che dopo Modena porterò in seguito a Reggio Emilia e Piacenza.

A parte la musica, quali sono le tue passioni?
E' difficile rispondere. Fra gli impegni di organizzazione, quelli miei musicali e quelli di insegnamento, mi resta così poco tempo libero! Sport niente, non sono abbastanza costante (ride). Diciamo che la mia passione sono i libri. Mi piace molto leggere, appena posso, soprattutto romanzi. E' così che mi rilasso.