Danza

Emiliano Pellisari: "In Europa la professione del ballerino è riconosciuta, in Italia no"

Emiliano Pellisari
Emiliano Pellisari

Il coreografo internazionale mette al centro del suo lavoro il concetto di spazio e di tempo.

Emiliano Pellisari è tra i pochi coreografi a proporre ed esportare tenacemente la danza nel globo. Le sue sperimentazioni ruotano sulla scoperta di altre dimensioni attraverso le forme sceniche, seguendo un tempo e un ritmo attraverso il movimento. 

Fondatore di NO GRAVITY, una compagnia di arti performative, si avvale della collaborazione della moglie Mariana Porceddu, ballerina, co-coreografa dal 2010 e guida del cast tersicoreo. Insieme, portano avanti un progetto ispirato al lavoro dell’artista Lucio Fontana che fece del suo famoso taglio su tela il simbolo delle aperture verso l’altrove.

GLI SPETTACOLI
IN SCENA IN ITALIA


Sei in scena con Fontana Project, cosa ti ha spinto verso il lavoro del pittore Lucio Fontana?
Ho portato avanti un lavoro sul Paradiso trattato nel 2011, uno spettacolo molto astratto e concettuale. Rappresenta questo mondo, il mondo del Paradiso di Dante. E’ nato tutto da li, a mia moglie ho proposto di elaborare il tema in modo più raffinato.

Che rapporto hai con tua moglie Mariana Porceddu, tua collaboratrice e performer in scena?
Volano le sedie! (ride)

Il taglio di Fontana rappresenta più un vuoto da riempire o un tunnel verso infiniti mondi di sperimentazione?
Rappresenta entrambi, da un lato si entra in un mondo nuovo, tridimensionale. E’ la caverna platonica, cavità dalla quale può entrare o uscire tutto. Fontana è inizialmente uno scultore e prendo spunto da tutto quello che è la scultura contemporanea rappresentata da lui ma anche da Boccioni, Brâncuși, Murer.

Emiliano Pellisari e Mariana Porceddu


Alla compagnia hai dato il nome NO GRAVITY, lo spettacolo ha il titolo FONTANA PROJECT, l’inglesismo ha un peso specifico?
Lavoro molto all’estero più che in Italia, il nostro è un paese che non offre nulla e se lo fa risulta poco e male. Sono riconosciuto professionalmente per le minime ministeriali, perché dovrei essere orgoglioso per un nome italiano?

Nelle tue performance è più importante il concetto di tempo o di spazio?
Io sono per lo spazio, sono un architetto dello spazio. Mariana invece è per il tempo, per le dinamiche, l’utilizzo della musica. In sintesi il ritmo è di Mariana, lo spazio è il mio. Siamo un tutt’uno e la somma crea una forza straordinaria.


Le tue tournée si svolgono in Europa, Cina e Americhe. Quali differenze noti nei confronti della danza, sia come forma d’arte che risposta del pubblico?
Differenze enormi, qui purtroppo siamo arrivati agli analfabeti di ritorno, altrove c’è una alfabetizzazione culturale. Ma è anche normale, dopo sessant’anni di televisione che crea volumi economici enormi, si guarda ai fatturati e non alla cultura del teatro, che è sparita. Parliamo di un’antagonista come la Rai, la più grande televisione pubblica del mondo. In Europa la professione è riconosciuta, un ballerino belga ha un trattamento umano e di condizione artistica che noi non abbiamo lontanamente.

Emiliano cosa si aspetta oggi dalla danza?
Dall’estero mi aspetto di tutto, perché si riesce a vivere la totalità del teatro. Loro non hanno limiti, non si pongono troppe domande e nemmeno io. All’estero hanno voglia di andare a teatro, il teatro è rispettato e se lavori a teatro sei rispettato anche tu. In Italia i giovani sono distanti da questa forma d’arte, se guardo la media di età delle persone presenti ai miei spettacoli parliamo di cinquantenni, sessantenni.

I prossimi progetti?
Sto lavorando a un progetto che include la disabilità, DISABILITY PROJECT patrocinato dal Comitato Paraolimpico. Come sogno che mi porto dietro dal 2008 mi piacerebbe lavorare a un’Alice nel paese delle meraviglie. Ma dipende dalle possibilità visto che non ho aiuti di nessun genere.
 

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