Kledi Kadiu, da danzatore e coreografo a docente e manager della danza, racconta la sua carriera e offre uno sguardo sul mondo della danza oggi.
In prossimità di due prestigiosi eventi di danza curati da Kledi Kadiu che avranno luogo nella splendida cornice della riviera romagnola, abbiamo incontrato il danzatore e coreografo per ripercorrere la sua carriera e l'evoluzione della danza in Italia tra teatro, televisione e formazione.
Kledi, tu sei un personaggio notissimo nel mondo della danza ma anche del teatro e della televisione. A cosa devi la tua fortunatissima carriera?
Sicuramente alla mia scuola, l’Accademia Nazionale di Danza di Tirana ma anche al periodo in cui sono nato e cresciuto in cui la danza attraversava un momento prosperoso, nonostante il difficile momento storico che l’Albania viveva sotto il regime. Ho avuto, infatti, la fortuna di studiare con docenti provenienti dall’Unione Sovietica che oltre ad essere preparatissimi hanno trasmesso ai loro allievi la grande cultura e la dignità di cui l’arte è impregnata. Nel 1992, quando sono arrivato in Italia, non c’erano molti danzatori uomini e lo studio professionale che avevo alle spalle mi ha aiutato tanto nell’avere successo. Il successo mediatico è frutto di incontri, coincidenze, fortuna ma senza una vera formazione alle spalle è difficile raggiungerlo perché questo non è sempre sinonimo di talento, soprattutto oggi.
Come è avvenuta la fusione tra formazione classica e tecniche modern e coreografia?
È stata una scoperta. Ovviamente la formazione classica facilita notevolmente un danzatore nel momento in cui si accosta ad altre tecniche. Dopo il primo impatto con stili e tecniche nuovi il corpo deve immagazzinare e far proprio il movimento. Per me la base classico-accademica è stata fondamentale ma poi sono stato affascinato dalla danza moderna che attualmente insegno. L’approccio alla coreografia, invece, è stato il frutto di esperienze e incontri con vari coreografi.
Quali sono secondo te le maggiori difficoltà che affliggono la formazione coreutica italiana?
Oggi la maggiore difficoltà nel mondo della danza credo che riguardi la nuova generazione di allievi-danzatori. Ovviamente ci sono molti talenti ma non si concepisce più il sacrificio, l’importanza della costanza nello studio di quest’arte. È venuta meno la passione. Molti pensano che basti fare il minimo indispensabile. Ciò ovviamente ha comportato un abbassamento del livello generale della formazione, soprattutto nei contesti privati in cui spesso si evidenzia un rapporto conflittuale tra insegnanti e genitori piuttosto che di fiducia come dovrebbe essere. Con la pandemia poi e il conseguente avvento della danza online tutti possono fare tutto e non sempre per un giovane allievo è semplice riconoscere la qualità e la preparazione dei docenti ai quali si affidano. Inoltre, sarebbe necessario regolamentare e definire la professione del docente di danza e, in generale, un maggiore interesse politico e istituzionale verso l’arte coreutica.
E per quanto riguarda la danza intesa come professione?
La danza purtroppo sta andando in disuso, ha perso la sua dignità professionale già prima della pandemia. Basta pensare alla soppressione degli enti lirici. Oggi purtroppo acquisti la notorietà necessaria per vivere di questo mestiere solo dalla televisione. I ragazzi hanno gran voglia e talento ma non hanno sbocchi lavorativi in termini di teatri stabili o compagnie private. La danza per molti può essere ormai intesa solo come un lavoro un part-time, incompleto per vivere tranquillamente la quotidianità.
Da artista e docente ti sei anche fatto promotore e organizzatore di eventi per la danza. Come vivi questo aspetto manageriale della danza?
È molto difficile perché è un lavoro che presuppone l’impiego di varie professioni poiché è necessario che si incrocino competenze artistiche ma anche economiche e organizzative.
I tuoi prossimi appuntamenti?
Con Silvia Frecchiami presenterò Danzano le stelle, uno spettacolo che è una chiamata a raccolta di danzatori amici e colleghi riminesi e romagnoli (e non solo) che avrà luogo nella città di Rimini, in cui io vivo, il 26 luglio presso la Darsena di San Giuliano a mare- e che vedrà protagonisti grandi artisti quali Virna Toppi, Nicola del Freo, Anbeta Toromani, Alessandro Macario, Arianna Maldini, Jan Spunda, Noemi Arcangeli, Hektor Budlla, Lorenzo Alberti, Marco Dalia, Alice Mariani, Julian Lacey, Alessandro Frola.
Il 26 agosto, invece, ci sarà un altro appuntamento a Cervia in Piazza Garibaldi con Carla Fracci Mon Amour. Si tratta di un omaggio alla grande Étoile italiana recentemente scomparsa, un gala e un premio a suo nome che stavamo curando insieme poco prima della sua scomparsa e che ora invece sarà dedicato alla sua memoria.
Gli artisti coinvolti saranno Virna Toppi, Nicola del Freo, Anbeta Toromani, Alessandro Macario, Noemi Arcangeli, Hektor Budlla, Claudio Cocino, Susanna Salvi, Amilcar Moret Gonzalez e Giulia Stabile.
Alla presenza del marito e suo compagno artistico il regista Beppe Menegatti onoreremo il ricordo di Carla Fracci, il suo sorriso, l’umiltà, l’ironia e la grande cultura con cui abbracciava la vita e l’arte della danza.