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Laura Efrikian: "Nei film degli anni '60 e '70 c'era già una forte coscienza civile" - 1/3

Laura Efrikian
Laura Efrikian

La vita dell'attrice tra star, telecamere e cineprese, oltre al matrimonio con Gianni Morandi: ne ha di cose da raccontare Laura Efrikian. Ecco la la prima parte dell'intervista rilasciata a Teatro.it.

In Italia la conoscono tutti come la prima moglie dell’icona nazionale Gianni Morandi, ma Laura Efrikian è stata a tutti gli effetti la regina di un genere cinematografico di grande successo come quello dei Musicarelli, incarnando la ragazza che tutti i padri italiani avrebbero voluto avere come figlia e tutti i ragazzi italiani avrebbero voluto avere come fidanzata.

Non solo: è stata una grande protagonista dello spettacolo italiano negli anni d’oro, il ventennio a cavallo tra la fine degli anni 50 e la fine degli anni 70. Dalla scuola con Strehler, agli allestimenti del Piccolo Teatro di Milano, dai musicarelli ad alcuni degli sceneggiati Tv che negli anni 60 tenevano inchiodati alla poltrona quasi un terzo della popolazione italiana: praticamente tutti quelli che avevano un televisore. 

Laura Efrikian, Gianni Morandi


Ora Laura Efrikian racconta a Teatro.it la sua vita di attrice tra star, telecamere e cineprese.
 

Laura, che mondo era quello degli artisti degli anni '60: superficiale o impegnato?
Noi artisti italiani, attori, cantanti, registi, eravamo terzomondisti ante litteram. Ci battevamo per certi ideali, contro il razzismo e la discriminazione, già negli anni 60 e 70, quando ancora in molte parti del mondo c'era il colonialismo. Come nel film di Ettore Scola “Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l’amico misteriosamente scomparso in Africa?” con Alberto Sordi e Nino Manfredi, due attori considerati un po’ superficialmente come campioni del cinema comico e disimpegnato per eccellenza. Invece tramite la comicità erano in grado di fare critica del costume e denuncia sociale. 
In questo film c’è una scena tragica e bellissima: Alberto Sordi e Bernard Blier viaggiano sull’auto di una coppia di portoghesi, che gli hanno dato un passaggio. Sono in Angola, che all’epoca era una colonia di Lisbona. Ad un certo punto della pista c’è un ponte crollato. I due portoghesi per passare dall’altra parte obbligano un gruppo di indigeni a tenere su il ponte a spalle, trasformandosi in pratica in pilastri umani, mentre loro passano sopra con la macchina pesantissima. Sordi e Blier, che in teoria in quanto bianchi avrebbero dovuto solidarizzare con i portoghesi, prima decidono di andarsene a piedi per non avere più nulla a che fare con quei due, poi vengono alle mani con lo schiavista. 
In quell’epoca i neri venivano purtroppo considerati come esseri umani di serie B, e un approccio del genere in un film comico non era per niente scontato. Ma Alberto Sordi era un grande, capace di queste cose.

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Tu conoscevi bene Sordi?
Non bene, anche perché non abbiamo mai avuto l’occasione di lavorare insieme. Ci siamo visti alcune volte al di fuori del set. Per esempio alle feste di Capodanno: è successo per un paio di anni.

Le feste di Capodanno?
Sì, all’epoca ero sposata con Gianni Morandi. Mio marito ovviamente la notte di San Silvestro era richiestissimo e lavorava sempre, per un concerto a capodanno si guadagnava il doppio o il triplo rispetto al cachet ordinario. Quindi mi trovavo da sola e mi aggregavo a qualche festa organizzata nell’ambiente dello spettacolo. Ci invitavano i registi, i produttori. Alberto Sordi l’ho conosciuto ad una festa di Luchino Visconti, che stava girando “Vaghe stelle dell’Orsa” con Claudia Cardinale.

Laura Efrikian, Gianni Morandi (1965)


Uno dei padri del cinema italiano di qualità.
Si, ma questa distinzione veniva avvertita soprattutto all’esterno. Tra noi che frequentavamo l’ambiente del cinema c’era piuttosto la tendenza a considerarci soprattutto colleghi e quindi più o meno uguali. Visconti aveva trovato una villa medicea bellissima. Avrebbe voluto comprarla ma non aveva abbastanza soldi. Allora contatta Franco Cristaldi e si fa aiutare: in realtà l’ha comprata Cristaldi da solo. Dopo l’acquisto bisognava metterla a posto, ma servivano molti altri soldi per i restauri. E’ finita che non l’hanno mai sistemata: si sono limitati a costruire una foresteria, dove ospitare gli amici in occasione di feste e vari eventi. Capodanno era una di queste ricorrenze.

E chi partecipava?
Gente dell’ambiente: mi ricordo appunto Alberto Sordi, Monica Vitti, Marcello Mastroianni, Nino Taranto, Vittorio Gassman, Claudia Cardinale. Praticamente un po’ tutti quelli del nostro giro. Quindi io andavo a casa di Cristaldi/Visconti da sola, ma poi finiva sempre che a tavola mi facevano sedere vicino a qualcun altro che era arrivato non accompagnato. Un paio di anni è stato Alberto Sordi, poi l’anno dopo mi hanno messo al tavolo con Michelangelo Antonioni.

Nino Taranto, Gianni Morandi, Laura Efrikian (1964)


Addirittura?
Si. All’epoca aveva già lanciato come attrice Maria Luisa Ceciarelli, in arte Monica Vitti, ma forse non stavano ancora insieme. Antonioni era una persona splendida, mente con Sordi non abbiamo familiarizzato un granché: Alberto stava un po’ sulle sue, forse pensava ad altro. Tanto che io mi domandavo, tra me e me: se non ti piace questa festa, che ci sei venuto a fare?

Un Alberto Sordi spocchioso, altero e distaccato?
Non so, non lo conoscevo abbastanza bene da poter esprimere giudizi del genere. So che dava a tutti l’impressione di non divertirsi più di tanto. Non solo a Capodanno, anche in altre feste che venivano organizzate ogni tanto. Sordi passava la maggior parte del tempo in una sala al piano di sotto, dove proiettavano un film dopo l’altro, di vari autori e vario genere: probabilmente c’erano anche le sue pellicole. Ma in realtà non so che film vedesse: io preferivo rimanere nelle altre stanze, dove c’era la festa.

A che serviva una sala di proiezione cinematografica in una foresteria?
Beh, come dicevo era un luogo frequentato da moltissimi registi di fama internazionale: c’erano Monicelli, Bertolucci, De Sica, Pietro Germi, Damiano Damiani, Elio Petri. Si chiudevano lì dentro e divoravano cinema. Ma c’erano anche altre stanze, che erano state ricavate e restaurate nella vicina Villa Medicea. In una si giocava a poker, in un’altra c’era il biliardo. Mi ricordo una sala dove si giocava alla roulette. Una sera io e Sordi ci siamo fermati, volevo provare a giocare alla roulette. Per un po’ abbiamo guardato la ruota che girava, poi ho detto: “Vado a comprare delle fiches”. Lui mi ha detto “No, no. Faccio io”. E ha tirato fuori mille lire. Io sono rimasta un po’ interdetta: se hai un cavaliere che si chiama Alberto Sordi, ti aspetteresti qualcosa di più. Comunque con quelle mille lire ha comprato due fiches di numero, io ho fatto una puntata, il numero non è uscito e il gioco è finito.

Bobby Solo, Laura Efrikian (1964)


Si dice che Sordi fosse un po’ tirchio.
Si e no. Probabilmente non apprezzava il gioco d’azzardo, anche se poi è capitato che abbia giocato con Gianni. L’ho capito dopo: non spendeva volentieri i soldi in questo modo, ma nello stesso periodo spendeva molto denaro per fare beneficenza. Nell’ambiente si sapeva: poi, quando Alberto è mancato, la cosa è diventata di pubblico dominio. Si diceva che non si era sposato per risparmiare: invece manteneva decine di persone. Io sono di sinistra e lo sono sempre stata: anche se l’aspetto politico nei musicarelli e nelle altre pellicole che ho interpretato era decisamente marginale, e quindi la gente non se ne è accorta. A causa di questo mio impegno politico ho sempre ammirato Alberto Sordi per i suoi film: sembravano caciaroni ma in realtà avevano un lampante risvolto di denuncia sociale. Vogliamo parlare di “Una vita difficile”, con la regia di Dino Risi? O di “Un borghese piccolo piccolo?”

Quindi hai un ricordo di Alberto Sordi come uomo di sinistra?
No, certo. Lui voleva fare questi film di impegno sociale, per fare riflettere la gente. Ma secondo me la sua vera natura, dal punto di vista politico, era assolutamente quella di un democristiano. Non per nulla frequentava molto le chiese e le curie.

Nel film “Il tassinaro”, Alberto Sordi porta in giro Andreotti.
Appunto. Da teatrante era intelligente: prendere in giro il potere è sempre stata una prerogativa del teatro. Non dimentichiamo che Sordi aveva iniziato nel teatro, come quasi tutti. Aveva lavorato con Andreina Pagnani, e il teatro per lo più era di sinistra. Secondo me in quel periodo ha imparato alcune cose che gli sono rimaste dentro come regola di vita. Quel Castigat ridendo mores, insomma, che probabilmente può svilupparsi anche senza una vera coscienza politica o partitica, ma con una forte coscienza civile.
 

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