Gli eventi speciali al cinema sono ormai diventati appuntamenti fissi per il pubblico. A fronte di un innegabile successo, quante di queste proposte sono davvero “eventi” di valore?
Cosa accomuna Fabrizio De André, Botero, Valentina di Crepax, Andreij Tarkovskij, la Bohème e gli Impressionisti? Saranno tutti protagonisti di serate-evento programmate nelle nostre sale cinematografiche tra la fine di gennaio e il mese di febbraio. E sono solo la punta di un iceberg che non accenna a sciogliersi.
Van Gogh contro i replicanti
Se l’offerta dei cosiddetti “eventi” al cinema è aumentata esponenzialmente nel corso degli ultimi anni, fino ad arrivare a essere una voce in attivo nel bilancio delle sale, il merito è senza dubbio di una varietà di “generi” che va a spaziare dal concerto al balletto, da monografie dedicate a musei o a particolari opere d’arte, fino ad arrivare ai classici documentari biografici. Opere quindi che esulano dal contesto cinematografico propriamente detto, ma che, dati alla mano, proporzionalmente fanno più cassa di tanti blockbuster o presunti tali, spesso salvando gli incassi delle proiezioni infrasettimanali.
Certo è che quando Nexo Digital, società ora leader nel mercato degli eventi in sala, nel 2014 propose Ligabue in concerto e i balletti del Bolshoi di Mosca, difficilmente si sarebbe potuto immaginare un successo di tale portata. Un’onda lunga che nel 2017 portò il documentario Loving Vincent a doppiare, in soli tre giorni di programmazione, gli incassi di Blade Runner 2049, e nel 2018 a confermare in toto il successo degli eventi in sala a fronte di un anno pesantissimo in termini flop di incasso.
Evento o non evento?
Al pari delle sonorizzazioni dal vivo delle pellicole di maggior successo, altro cross-over cinema/musica/teatro ultimamente molto (pure troppo) in voga, anche per gli eventi in sala spesso viene da chiedersi se poi di vero evento si tratta. E’ vero che la qualità delle proposte è mediamente alta, ma è altrettanto vero che in un “pacchetto” di offerte che copre ormai la totalità dei campi artistici, non è così difficile trovare titoli apparentemente di richiamo, spesso legati a mode del momento, la cui resa su grande schermo risulta però deludente o, peggio, inutile.
Così, se un concerto di Roger Waters o di Peter Gabriel è cinematograficamente una meraviglia per occhi e orecchie al pari della sua controparte live, un recente ibrido documentario/fiction su Leonardo Da Vinci ha fatto sorgere più di un dubbio sulla necessità di far passare per “evento” un prodotto para-televisivo. Dubbio che si è esteso, in altri termini, sul teatro al cinema.
Teatro al cinema: sacrilegio?
Tra le molte proposte passate per le sale negli ultimi anni, infatti, particolare successo hanno avuto i balletti e le rappresentazioni teatrali e operistiche. Successo che ha dato spunto ad alcune interessanti riflessioni sulla legittimità del presentare con modalità prettamente cinematografiche opere nate per tutto un altro tipo di rappresentazione e di fruizione. Molte voci, fra critici, attori e addetti ai lavori, si sono levate in difesa della classica messa in scena teatrale, sottolineando la differenza dei “mondi” artistici coinvolti e paventando fughe in massa di spettatori verso le sale con conseguente impoverimento delle offerte cartellonistiche stagionali.
Con i dovuti ridimensionamenti del caso, la preoccupazione è però lecita di fronte al successo, ad esempio, dell’Amleto con Benedict Cumberbatch (30.000 spettatori in sala a fronte dei 1160 posti a sedere disponibili a ogni replica del National Theatre di Londra), ma è anche vero che molti degli spettacoli sarebbero difficilmente visibili a meno di non andare direttamente a Londra o a San Pietroburgo.
Un approccio diverso
Al di là di ogni (legittimo) dubbio, è fuori discussione l’impatto trasversale che tali eventi hanno. Il successo di molte delle proposte, infatti, non può essere per forza circoscritto ai semplici fedelissimi dell’arte, della musica rock, o del teatro. Oltre ad “intercettare” quegli spettatori il cui interesse è ascrivibile ad un argomento ben preciso, molti dei progetti vanno a toccare differenti fasce di pubblico, di fatto assicurando il successo di un determinato evento.
E così, per tornare su un esempio già fatto, non saranno certo stati pochi i fan dell’attore Cumberbatch (noto per la sua moderna e riuscita interpretazione televisiva di Sherlock Holmes) che, con la loro presenza, hanno permesso ad un testo classico di 4 ore in inglese sottotitolato, di fare il botto in sala.