Figlio di un barbiere ebreo immigrato dalla Russia, l'americano Jules Dassin, morto questa stasera ad Atene all'età di 96 anni, ha ridefinito i codici del film noir alla fine degli anni '40 - in particolare con la cosiddetta trilogia della città: Forza bruta, La città nuda e I corsari della strada - adottando uno stile documentaristico e trasformando la lotta tra la malavita e i tutori della legge in una sorta di conflitto di classe.
Nato a Middletown nel Connecticut nel 1911, Dassin esordisce al cinema con un cortometraggio ispirato ad un racconto di Edgar Allan Poe che rende immediatamente la cifra delle sue atmosfere e dei suoi interessi. Dopo alcuni film con attori importanti con Joan Crawford e Charles Laughton, nel 1947 gira Forza bruta che ottiene uno straordinario successo e gli apre le porte di Hollywood.
Film claustrofobico come il luogo in cui si svolge, un carcere, Forza bruta è un film impregnato di violenza e segnato da una concezione pessimistica del mondo e della legge che servirà da modello ad ogni futuro film sulla disumanità delle prigioni e sul tema della fuga impossibile dietro al quale si legge anche l'allegoria dello stato fascista e dei campi di concentramento (il direttore del carcere suona Wagner mentre picchia selvaggiamente un prigioniero con un manganello). In La città nuda del 1948 il percorso stilistico di Dassin è già compiuto: esterni autentici, riprese con la cinepresa nascosta, ambienti che lo collocano, come ha scritto qualcuno, alla «periferia del noir». Tutte e tre le opere della "Trilogia della città" sono pervase da una forma di violenza minacciosa e non sempre esplicita che cambiano per sempre i moduli del film noir e mettono in primo piano, più dei singoli personaggi, l'ambiente e la spietata lotta per la sopravvivenza.
I suoi riferimenti ai conflitti sociali, la sua critica alla legge e la condanna di tutti i sistemi repressivi gli valsero la diffidenza della famigerata commissione McCarthy e lo costrinsero ad emigrare prima in Inghilterra, dove nel 1950 realizzò I trafficanti della notte e poi in Francia dove realizzò nel '55 Rififi. Qui Dassin ripropone lo stile semidocumentaristico ma lo cala nella realtà di una Parigi notturna che ha un tono più ironico quasi da ballata criminale.
Celeberrima e da manuale la sequenza con cui si apre il film, tutta muta, in cui quattro ladri svaligiano una gioielleria (in originale durava ben 35 minuti ridotta poi a 25). Lo stesso Dassin nel film è lo scassinatore che tradisce i complici. In Francia, dove resta fino al 1960, incontra l'attrice Melina Mercouri, che poi sposerà e con cui gira diversi film anche ispirandosi ai miti greci. Nel 1964, tornato di nuovo in America, e sempre con la Mercouri protagonista, gira una versione giallo-rosa dei suoi primi film che rimarrà celebre tra i molti film dedicati alle rapine finite male e varrà a Peter Ustinov il premio Oscar come migliore attore non protagonista.
L'ultimo film di un qualche interesse è Quei due, del 1980, interpretato da Richard Burton e Tatum ÒNeil che racconta la storia di un amore impossibile tra un artista e una studentessa.
Fonte: L'Unità
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