La polizia lo ha trovato morto nella sua abitazione di Los Angeles. Se n’è andato così, per cause naturali, James Garner, 86 anni, divenuto celebre per il suo ruolo di primo piano nelle serie tv "Maverick" (dal 1957 al 1960), dove interpretava un sagace e spiritoso giocatore d'azzardo, e in "Agenzia Rockford" (dal 1974 al 1980). Ma la sua storia hollywoodiana è lunghissima e copre addirittura l'arco di sei decadi. Le sue ultime interpretazioni, prima di un ictus che lo ha colpito alla vigilia degli 80 anni nel 2008, sono state in "I sublimi segreti delle Ya-Ya sisters", del 2002, dove si era trasformato nel "padre" di Sandra Bullock e, in "Le pagine della nostra vita (The Notebook)", del 2004, per la regia di Nick Cassavetes. Protagonista del piccolo schermo negli anni Sessanta e caratterista al cinema, Garner ha avuto una vita professionale difficile, dovendo lottare costantemente per togliersi l'etichetta di attore televisivo che per buona parte della sua carriera gli Studios gli avevano affibbiato. Poi, finalmente, i primi successi cinematografici che lo sdoganano da star della tv, con la commedia "Fammi posto tesoro" (1963), accanto a Doris Day, "Tempo di guerra, tempo d'amore", con Julie Andrews e il ruolo di Hendley nel kolossal bellico "La grande fuga" (1963) di John Sturges, a fianco di star come Steve McQueen, James Coburn e Charles Bronson. Nel 1969 interpretò il detective Philip Marlowe, creato da Raymond Chandler, nel noir "L'investigatore Marlowe" diretto da Paul Bogart. Ma il suo personaggio più famoso arriva solo nel 1982, quando nel capolavoro "Victor Victoria" diede vita al gangster King Marchan, ancora una volta al fianco di Julie Andrews.
Negli ultimi anni, le sue partecipazioni al mondo cinematografico sono sporadiche: lo si ricorda soprattutto per il reverendo-astronauta di Space Cowboys, di Clint Eastwood (2000).
Nella sua imponente carriera ha vinto due Emmy Award e due Golden Globe e Hollywood gli ha dedicato una stella, per la sua importanza sul piccolo schermo, sulla prestigiosa "Walk of Fame".
Fonte: Repubblica.it