Cinema

GIOVANI RIBELLI - KILL YOUR DARLINGS

GIOVANI RIBELLI - KILL YOUR DARLINGS

Nel 1944, Allen Ginsberg era una nervosa e puritana matricola alla Columbia University, Jack Kerouac uno slavato universitario che si era iscritto nuovamente dopo aver resistito 8 giorni nella Marina Militare e William S. Burroughs aveva abbandonato la facoltà di medicina e stava diventando un giovane tossicodipendente, sopravvivendo ai margini della scena bohemienne newyorkese dopo aver seguito un paio di amici, Lucien Carr e David Kammerer, dalla nativa St. Louis a Manhattan. E’ proprio l’ interesse morboso di Kammerer verso il giovane Lucien Carr a dare il via ad una serie di eventi che culmineranno in un brutale omicidio ed alla nascita di quella che anni dopo verrà chiamata Beat Generation.

Presentato all’ ultimo Festival del Cinema di Venezia nella sezione Giornate degli Autori, Kill Your Darlings è il terzo tentativo in poco più di due anni, dopo il meglio riuscito L’Urlo e il più sciapo On The Road, di portare la beat generation al cinema. Sfortunatamente anche in questo caso il bersaglio non è proprio a fuoco e, nel vano tentativo di centrare l’ obiettivo, si spara un po’ a casaccio.
Descrivere la portata e l’ impatto culturale che Ginsberg e soci hanno avuto sulla visione dell’ arte in ogni propria forma ma soprattutto sulla società bigotta degli Stati Uniti anni ’40 ed oltre, non è impresa di poco conto e di certo Kill Your Darlings non aiuterà molto ad aprire la strada ad opere che rendano giustizia a quanto fatto dalla beat generation, tanto più se l’ intera operazione in questo caso viene furbescamente spacciata come L’ Attimo Fuggente degli anni 2000.
La sceneggiatura di Austin Bunn e dello stesso regista John Krokidas parte dai fatti veramente accaduti ( raccontati ovviamente con ben altro stile dagli stessi William Burroughs e Jack Kerouac nel libro E gli ippopotami si sono lessati nelle loro vasche, finalmente pubblicato nel 2008 dopo oltre 60 anni di rifiuti, censure, grane legali e chi più ne ha più ne metta ) e ci ricama sopra con fantasia, alleggerendo però di molto le situazioni in modo da rendere digeribile il tutto al grande pubblico. Quella che era una storia di amour fou omosessuale e morte diventa così qualcosa di meno definito e, in fin dei conti, abbastanza innocuo ed inutile. Mentre nella realtà infatti Ginsberg e Carr (ma anche Ginsberg e Kammerer) ebbero vari “incontri”, nella pellicola pochissimo del loro rapporto viene esplicitato, lasciando addirittura il dubbio che fra i due ci possa essere stato solo un sentimento quasi completamente platonico e pure poco corrisposto da parte di Carr. Gli stessi ruoli poi di Kerouac e Burroughs, molto più centrali ed importanti nella vicenda, sono ridotti a figurine di contorno (in questo senso, un peccato non aver valorizzato maggiormente Ben Foster nella parte di Burroughs, ruolo di gran potenzialità ridotto a poco più di una macchietta, peggiorata ulteriormente dal doppiaggio). Il risultato è una pellicola tutta o quasi al servizio di Daniel Radcliffe in piena operazione “dimenticate Harry Potter”, stando però ben attenti a non sollevare più “scandalo” di quanto possa reggere un pubblico generalista, vero bersaglio del film. 
Alla fine il difetto maggiore di Kill Your Darlings è proprio quello di voler “addomesticare” personalità selvagge ed affamate di nuovi linguaggi quali erano quelle dei giovani Ginsberg, Burroughs e Kerouak, finendo così per ridurre la loro ricerca poetica ad un tentativo di fuga dalla noia e dal conformismo.
L’ unica autentica, potente emozione la si prova durante i titoli di coda quando scorrono le fotografie dei veri Ginsberg, Burroughs e Keruack su musiche d’ effetto scelte dal grande Randall Poster. In pochi minuti ci passa davanti agli occhi la vita dei tre più grandi rivoluzionari linguistici della seconda metà del secolo scorso, prima giovani e sorridenti, poi anziani (apparentemente) fragili ed innocui ma dallo sguardo inalterato nella propria voglia feroce di essere e di comunicare in modo libero, selvaggio, controcorrente ed anticonformista quanto i finto-trasgressivi buffoncelli decerebrati di Bling Ring potranno mai nemmeno sognare di essere.