Cinema

Hollywood trema per lo sciopero del cinema

Hollywood trema per lo sciopero del cinema

Mentre lo sciopero degli autori televisivi e cinematografici si inasprisce appare chiaro a tutti che i tempi per l'intesa saranno lunghi e ogni giorno i picchetti di fronte ai cancelli della Paramount o della 20th Century Fox su Pico, due degli emblemi di Hollywood, vedono aumentare i manifestanti, anche notissimi. Gli studios continuano a ribadire che hanno in ghiacciaia i copioni dei nuovi film approvati e già in cantiere, perché da mesi sono corsi ai ripari (a Paul Haggis per esempio è stato chiesto di terminare il copione del nuovo 007 in tempi record), ma i problemi si ripercuoteranno di sicuro sulla prossima stagione del cinema. E per la prima volta, molti produttori puri e registi- produttori si rivelano solidali con la categoria. Ieri tra i manifestanti c'era anche il regista e produttore tv Jon Avnet, che ha sfilato inalberando un poster con il volto di Sally Field-Norma Rae, nel ruolo della donna in lotta per diritti sindacali nel film di Martin Ritt. Lo sceneggiatore Steven E. De Souza ( Die Hard) e il regista e scrittore James L. Brooks hanno chiesto la solidarietà del governatore della California Arnold Schwarzenegger: «Per dieci minuti, vogliamo di nuovo Arnie sul set con noi». E ha aggiunto Brooks: «Ronald Reagan nel 1960 guidò la Screen Actors Guild nello sciopero contro i network che proiettavano film senza pagare diritti di repliche e creò un'unione della categoria. Oggi la Writers Guild, dalla costa dell'Est a quella dell' Ovest, è compatta». Spiega il perché delle complesse richieste sui «residuals» e sugli sfruttamenti da parte dei nuovi media il regista e autore di tante sceneggiature John Landis: «Questo non è uno sciopero contro Hollywood nel senso che, se fosse vivo Lew Wasserman, mogul leggendario, sarebbe al nostro fianco. Perché questo è uno sciopero contro la General Motors o contro la Exxon Mobil Corp, ossia contro holding e corporation che oggi sono, purtroppo, gli studios. I dirigenti, e non si sa mai chi siano, vogliono solo fare denaro con i media nuovi o vecchi». Brian Grazer, uno dei massimi produttori ( American Gangster, A Beautiful Mind), conferma: «Il contratto dei produttori scadrà a giugno, come quello degli attori. Prevedo scioperi». Le opinioni, malgrado la compattezza, sono molte e ci sono fratture sotto lo smalto della Writers Guild of America, 9000 iscritti sulla West Coast e 3000 sulla East. I fratelli Coen non hanno dubbi: «I nuovi media non sono ancora ben definiti, sono vaghi e magmatici. Era necessaria una trattativa più ponderata, capace di non ledere la sopravvivenza di tanti film approvati, ma privi di sceneggiature definitive». Spara a zero lo scrittore e talvolta sceneggiatore James Ellroy: «Odio questo sciopero perché mi costerà molto denaro, al di là di quanto sarà in parte derubato e digitalizzato. Così mi trovo a essere, in parte, con i crumiri e le teste "non pensanti" degli studios. Mi spiego: gli autori di The Office (uno dei programmi tv di successo, ndr) di certo non soffriranno. Dunque, sono contro lo sciopero e, paradossalmente, sono un supporter dello sciopero anche perché so che quando vendo i diritti di un libro sarò gabbato, ma so anche metterlo in conto». Ribatte Paul Haggis ( Crash), uno degli sceneggiatori-registi più pagati: «Il 90 per cento degli iscritti era favorevole allo sciopero, non si poteva non fare. Gli interessi delle corporation sono famelici e non c'è alcuna chiarezza sui nuovi media». Neil Gaiman, lo scrittore inglese co-sceneggiatore di Beowulf: «Sto con gli sceneggiatori americani, noi in Inghilterra abbiamo fatto sciopero e abbiamo vinto. Hollywood deve tenerne conto». Roger Avary, sceneggiatore di Beowulf e di Tarantino: «Bloccheremo ogni film, a costo di restare senza lavoro. Sarà necessaria per gli studios una trattativa se non ci saranno cedimenti». E Brian De Palma, che da anni utilizza per la diffusione di molti suoi film-video Internet: «Nel 1934 gli sceneggiatori boicottarono gli Oscar contro il rifiuto dei produttori di riconoscere la Screen Writers Guild. Gli attori si unirono ai picchetti. Oggi molti produttori sono con noi: è necessario fare chiarezza per capire anche dove sta andando il cinema». Joel Silver, grande produttore, è invece più cauto: «Oggi il cinema ha molto potere, ma chi lo fa non ne ha in mano le redini. Lo sciopero ha motivazioni giuste, ma la trattativa doveva essere più meditata. In estate pochi film tra i nuovi approvati potranno entrare in produzione. Sarà un danno enorme per tutti». Fonte: Il Corriere della Sera