Cos' è L' Esorcista 40 anni dopo? Quale strano “oggetto” può essere un film che, dopo così tanto tempo, riesce non solo a tornare in sala (e, seppure per un solo giorno di programmazione in giugno, con buon successo) ma, caso abbastanza raro, anche a spaventare sia la generazione che il film lo ha visto in sala nel 1973 sia quelle successive ormai abituate a ben altri orrori cinematografici e no? Cosa permette di (ri)scoprire di sé un film che negli anni è stato triturato da decine di passaggi televisivi ipercensurati, che ha definito quel che sarebbe stato un genere di là da venire, che vanta più tentativi di imitazione della Settimana Enigmistica e che negli anni è stato vivisezionato in ogni sua scena e significato da critica, pubblico e censori ? Finalmente abbandonati i bigottismi, i dogmi ideologici e le farneticanti letture politiche degli anni '70, dettate più dall' integralismo della militanza che non dall' effettiva analisi della pellicola, la (ri)scoperta più grossa è che senza dubbio il meccanismo filmico de L' Esorcista funziona ancora oggi perfettamente. Detto in parole povere, il film fa ancora paura e pure tanta. Già di per sé questa è una scoperta per nulla scontata. Sarebbe come se negli anni '70 un film girato 40 anni prima - diciamo Dracula con Bela Lugosi, che all' epoca spaventò non poco gli spettatori – riuscisse ancora a terrorizzare il pubblico. Sicuramente impensabile. Con L' Esorcista invece è esattamente così, fondamentalmente perchè il genere di terrore che il film insinua è già - più o meno consapevolmente - dentro di noi ed attende solo la propria “rivelazione” attraverso (in questo caso) la visione per poter trovare nel raccapriccio e nello spavento la naturale via di sfogo. Vista la massiccia presenza di ragazzini in sala la previsione era quella di affrontare la proiezione fra risa, chiacchiere, commenti ad alta voce e cellulari illuminati perennemente a portata di mano. Invece silenzio. Ed è grazie a questo più assoluto ed imprevisto silenzio che affiora uno dei tanti particolari poco o mai notati nelle altre (quante, poi ?) visioni della pellicola di Friedkin ovvero il tono dimesso dei dialoghi. Le conversazioni sono spesso sussurrate, a fil di voce, il che ci costringe ad un' attenzione totale, quasi che noi “pubblico” stessimo spiando l' intimo rapporto tra madre e figlia o le confessioni dell' anima turbata di un prete gesuita. Sono solo l' urlo bestiale del male e le ripetute invocazioni a Dio da parte della madre di Regan - fra il disperato e l'incazzato al limite della bestemmia - che ogni volta spezzano i lunghi momenti sospesi. Anche la colonna sonora, intesa come musica di sottofondo, è quasi completamente assente: predominano i silenzi, i dialoghi, i rumori di fondo a volte sì assordanti ma mai usati come stratagemma per uno spavento fine a se stesso (e vien da sorridere pensando a quanti di questi trucchi “sonori” ricorrano gli horror moderni per provocare un genuino spavento che le modeste sceneggiature il più delle volte non riescono nemmeno lontanamente a sfiorare). Si (ri)scopre poi quanto risulti ancora oggi ben scritto e quanto ben gestiti siano i tempi filmici, dalla lunghissima introduzione fino all' esplosione grottesca e terrorizzante del male. Balzano ora all' attenzione quanti e quali sono i particolari e i richiami ricorrenti andati persi nelle superficiali visioni televisive, magari di gruppo, fra risatine e commenti sempre insufficienti comunque ad “esorcizzare” quel reale senso di disagio che la pellicola, alla fin fine, riesce sempre a trasmettere. Niente nella sceneggiatura è lasciato al caso, ogni particolare è lucidamente voluto e finisce per diventare fondamentale. Pazuzu, l' entità che prende possesso di Regan, nelle religioni assire e mesopotamiche è il demone dei venti e viene descritto come portatore di malattie e pestilenze. E così ecco che l’ inquietante onnipresenza del vento assume tutta un’ altra connotazione e ruolo: vento - finalmente libero dopo secoli di prigionia nel ventre della Terra - che fuoriesce da un anfratto quando l' anziano padre Merrin, durante degli scavi archeologici in Iran, ritrova una piccola testa di pietra raffigurante il demone; vento che si fa portatore di un male ancestrale, che incrocia nelle vie di Georgetown suore e bambini mascherati e che finisce per scegliere di seguire una madre di ritorno verso casa. Ancora vento che entra dalla finestra aperta nella stanza di Regan mentre lei dorme, vero inizio, questo, della corruzione dell' innocenza, e vento quando il demone si manifesta per la prima volta in tutta la sua forza e la sua blasfemia. E di nuovo vento nella battuta del detective Kinderman alla madre di Regan, dialogo innocente, all’ apparenza quasi buttato lì a caso (“Stia attenta alle correnti d' aria (…) una corrente d' aria è un invito a nozze per i batteri” ) ma che per noi spettatori diventa l' ennesima agghiacciante rivelazione di quel male che soffoca l’ anima e deforma il corpo della bambina. Alla luce di questi particolari , ma ce ne sarebbero innumerevoli altri, è facile capire perché sarebbe limitante - e anche un po’ da sprovveduti - ridurre L’ Esorcista a mero film “di paura”, così come sarebbe altrettanto troppo sbrigativo definirlo fenomeno di massa. I fenomeni di massa solitamente nascono dal nulla, attraverso vari mezzi raggiungono un picco di popolarità più o meno alto e duraturo nel tempo e finiscono per depositarsi nella memoria fino a diventare un ricordo a volte migliore di quanto possano essere poi stati nella realtà delle cose. Al netto di svenimenti durante le prime proiezioni ( veri o no poco importa), letture politiche o isterie collettive pro o contro (ma sempre e comunque inutili), di accuse di spettacolarizzazione della fede e di altre mille e mille interpretazioni, L’ Esorcista rimane un punto fermo “dentro” chi lo ha visto per la propria personale prima volta, non importa se al cinema nel '73 o anni dopo in televisione o in videocassetta oppure in una delle varie riedizioni cinematografiche. L' eredità del film di Friedkin, sicuramente mai eguagliata a questi livelli da nessun altro film dello stesso genere, è di aver reso impossibile liberarci dalla inquietante sensazione che dietro ad una qualunque porta chiusa di una casa qualsiasi possa annidarsi il più terribile dei mali, quello della corruzione dell' innocenza. Ne L' Esorcista alla fin fine è solo un vecchio demonio che sputa zuppa di piselli. Nella realtà....
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