Cinema

La Gondola tra formalismo e neorealismo

La Gondola tra formalismo e neorealismo

Echi neorealisti nella fotografia italiana del dopoguerra è il titolo della mostra che dal 13 luglio è possibile visitare nella magnifica cornice rinascimentale di Palazzo Grimani a Venezia. Si tratta di 63 fotografie provenienti dall'Archivio Storico del Circolo Fotografico La Gondola. Il percorso che le stesse immagini propongono è in realtà doppio, come spiega Manfredo Manfroi –curatore sia della mostra sia del catalogo- nel saggio introduttivo.

«All’interno della mostra si possono seguire due distinti percorsi; il primo riguarda l’operatività del circolo La Gondola che fu anomala rispetto al filone principale del movimento. […] La Gondola si aggirò nella Venezia minore facendo affiorare l’inedito tessuto architettonico. […] L’altro fil-rouge della mostra riguarda invece alcuni autori tra i più importanti del decennio 1950-1960 presenti con poche immagini ciascuno. È una carrellata attraverso l’Italia con i primi accenni del boom economico che stava trasformando la realtà sociale del Paese; […] la fotografia finalmente si poneva quale testimone dello sgretolamento di quel mondo» (M. Manfroi, Un’idea di neorealismo in M. Manfroi (a cura di), Echi neorealisti nella fotografia italiana del dopoguerra, Marsilio, Venezia 2012, pp. 12-13).

In realtà anche l’installazione dei pannelli allude a due tipologie di indagine fotografica: quella del circolo La Gondola e quella di alcuni fotografi italiani nel decennio ’50-’60; l’una di mediazione, l’altra di contrapposizione stilistica. I totem esplicativi e i pannelli sono situati fisicamente in due punti differenti del primo piano del palazzo perché due sono le visioni del gruppo di fotografie presentate. Emerge infatti in modo deciso la funzione mediatrice del circolo della Gondola tra le due tendenze presenti in quegli anni: da un lato il formalismo – il gruppo La Bussola ne è un esempio- che rigettava l’idea di una fotografia documentaria, ritenendo che per far arte bisognasse tenersi ben saldi alla perfezione stilistica; dall’altro invece una fotografia documentaria, reportagistica, in cui si percepiva la promozione ontologica della realtà a degno soggetto artistico. Un po’ come accadde per il neorealismo cinematografico che, dall’osservazione della condizione sociale dell’Italia del secondo dopoguerra, creò il terreno perché più forze si incontrassero -arte, politica, realtà, formalismo-, utilizzando il materiale che la stessa società e la stessa storia del momento offriva. Così si comportò anche la fotografia qualche anno dopo. Il circolo La Gondola aderiva al formalismo senza però rinunciare ad aprirsi alla nuova ventata neorealista. Fondato nel 1948, il circolo fa scuola in quegli anni: né formalismo né neorealismo, piuttosto ambedue. Con la forma il fotografo esplorava il reale e di esso parlava. Questo è possibile cogliere alla mostra di Palazzo Grimani seppur con un numero esiguo di foto.
Tra le immagini presenti è possibile individuare infatti una linea trasversale: l’attenzione al quotidiano. Essa è resa da certi sguardi, da certe solitudini, da certi paesaggi, da certi sorrisi, da certi lavoratori, da certe architetture, e diviene non soltanto il nucleo tematico delle fotografie ma ciò che delle immagini costituisce il cardine artistico più potente.
Così la quotidianità da ordinaria si fa straordinaria in queste fotografie; la sua aura sta nell’esser fissata nella linea del tempo come icona, come immagine emblematica di un nuovo percorso storico, che a distanza di molti decenni ci permette ancora di osservare e di abitare.
D’altronde quella Neve a Venezia (1951) di Bruno Rosso parla soltanto della dedizione alla cura, alla bellezza della forma? È per tale motivo che a gran voce si può sostenere che sia una foto artistica? Quella passeggiata in una piazza San Marco innevata; quel personaggio con l’ombrello che sembra una pennellata di nero su uno sfondo bianco; quella basilica e quelle procuratie vecchie che sembrano appena accennate dalla matita di un disegnatore, non parlano soltanto di perfezione formale ma del tempo della solitudine, di quei residui di umanità che tentavano di rinascere dopo la guerra. E la foto di Giovanni Berengo Gardin, In vaporetto (1960), con quel gioco di specchi, stilisticamente perfetta, bellissima dal punto di vista formale, un’opera d’arte senza dubbio, fa arte con la condizione sociale di quel periodo, con la quotidianità di quegli uomini ritratti, con la severità di quello sguardo in primo piano che racconta di un’Italia ormai sconosciuta. E le mani che lavano la camicia strofinandola con cura decisa; quelle mani forti, stanche, operose della foto di Carlo Cisventi, Milano: Lavanderia di Porta Ticinese (1958), parlano soltanto di una lavandaia oppure più verosimilmente della lavandaia? Raccontano una storia o fanno arte raccontando una storia? Universalizzano il particolare, senza dubbio. Così come il fascio di luce che illumina un cammino di povertà e di stanchezza, nella foto di Giuseppe Zanfron Piena del Cordevole (1966), non può esser considerato soltanto il ritratto di una condizione sociale, ma semmai il quadro reale nel quadro di un’opera d’arte. Per non parlare del bambino napoletano -più che un garzone, un vero cameriere-, nella foto di Mario Cattaneo, Senza Titolo (1955), che allegro porta il vassoio con un orgoglio invidiabile. Una fotografia che si presenta come un connubio perfetto di poesia formale e tematica sociale, un’alleanza artistica che svolge la funzione politica di dire ciò che è necessario, di indurre alla riflessione.
Presenti alla mostra altre immagini di autori importanti e molto noti, come l’inconfondibile Mario Giacomelli, Piergiorgio Branzi, Italo Zannier, Antonio Migliori. Formalismo e realismo insieme per una visione universale di ogni esistente.
L’archivio del Circolo La Gondola è davvero di notevole rilevanza artistica, un patrimonio che va preservato e di cui è giusto promuovere la conoscenza. Più di ventimila le fotografie che conserva, di queste circa cinquemila hanno ottenuto il decreto di riconoscimento per l’eccezionale interesse culturale.
È una piccola mostra, ma un gioiellino da ammirare.

È ancora possibile partecipare a uno dei due importanti incontri con i grandi protagonisti della fotografia italiana, che sono stati organizzati in occasione della mostra. Il 14 settembre alle ore 17.00 sarà presente Giovanni Berengo Gardin. Il 5 invece si è giù tenuto l'incontro con Antonio Migliori.

*********************************
Museo di Palazzo Grimani
Echi neorealisti nella fotografia italiana del dopoguerra
A cura di Manfredo Manfroi
Dal 13 luglio al 30 settembre 2012

Informazioni
Tel. 041 2411507
www.polomuseale.venezia.beniculturali.it

Prenotazioni
Tel. 041 5200345
www.palazzogrimani.org

Per vedere tutte le immagin presenti alla mostra cliccare qui: https://www.cflagondola.it/Mostre/Grimani/autoviewer.swf

************************************

Catalogo della mostra:

Echi neorealisti nella fotografia italiana del dopoguerra
A cura di Manfredo Manfroi
Marsilio
Venezia 2012
Pagine 47

**********************************

Didascalie delle fotografie:

1. Paolo Monti
Cannaregio, 1945 circa
stampa originale ai Sali di bromuro d’argento su carta baritata

2. Bruno Rosso
Neve a Venezia, 1951
stampa originale ai Sali di bromuro d’argento su carta baritata

3. Riccardo Gasparotto
Carla, 1953 circa

stampa originale ai Sali di bromuro d’argento su carta baritata

4. Enrico “Gigi” Bacci
American bar, 1954
stampa originale ai Sali di bromuro d’argento su carta baritata

5. Bruno Bruni
Un filo d’erba, 1956
stampa originale ai Sali di bromuro d’argento su carta baritata

6. Sergio Del Pero
Senza titolo, 1956
stampa originale ai Sali di bromuro d’argento su carta baritata

7. Stefano Robino
Emigranti, 1957
stampa originale ai Sali di bromuro d’argento su carta baritata

8. Ernesto Fantozzi
Davanti alla TV, 1958
stampa ai Sali di bromuro d’argento su carta politenata

9. Stanislao Farri
Senza titolo (All’osteria), 1959
stampa ai Sali di bromuro d’argento su carta baritata


10. Ezio Quiresi
Obiettivo indiscreto, 1959
stampa originale ai Sali di bromuro d’argento su carta baritata