Alla corte di Nanni, non c'è posto per Walter Veltroni. «Io non voglio far polemiche, sono dati oggettivi», dice Moretti come neodirettore del Torino Film Festival. «C'erano film a cui tenevamo che non abbiamo nemmeno visto perché dall'anno scorso c'è un'altra manifestazione». All'inizio non la cita nemmeno, la Festa del Cinema veltroniana: «Volevamo quello che ha vinto, Juno, And the Spring Comes che ha premiato l'attrice cinese, il cartone animato Paura del buio che, così ho letto, è stato mandato allo sbaraglio. Hanno preferito andare a Roma». Moretti ha l'ironia acida dei giorni migliori: «Prima c'è settembre, poi ottobre, dopo un mese c'è novembre».
E a febbraio c'è il Festival di Berlino? «Ma quello c'è da 2000 anni, io parlo di questo millennio. Se la Festa fosse solo una parata di star sarebbe anche andato bene, ma hanno pure il concorso. Per usare un eufemismo, inserirla a ottobre è stato un gesto non molto elegante. Io ho rispetto del mio tempo, mi risparmierò un'altra riunione al ministero con gli altri festival, Roma e Venezia. Trovato l'accordo, si disse. La Festa aveva spostato l'inizio di cinque giorni. Non posso far finta di niente». Non è a Torino che trovi i red carpet. «Lo dico o non lo dico? Sono giorni che ci penso, non voglio sembrare Fiorello che mi imita». Poi rompe gli indugi: «La selezione coreana è la più bella». La presentazione, in un'atmosfera da vecchio cinema d'essai, nella roccaforte del Nuovo Sacher, è quanto di più diverso dal glamour della Festa romana, spettro evocato in maniera non proprio amichevole da Moretti, incaricato di togliere polvere dall'abito elegante ma fuori moda della rassegna torinese.
Nelle sezioni figurano 220 titoli, nessuno italiano tra i 12 in concorso riservato ai nuovi autori che non abbiano superato il terzo titolo (tre a testa per Europa, Asia, Usa). Strano: l'australiano Noise ha lo stesso titolo del film con Tim Robbins ospite alla Festa. I dati della 25ª edizione, dal 23 novembre al primo dicembre, si apprendono da uno scomodo, essenziale block notes, i nomi bisogna andarli a cercare, non è questo il festival delle star. Si apre con The Savages, amara commedia familiare di Tamara Jenkins, con Philip Seymour Hoffman; si chiude con Eastern Promises, thriller sulla mafia russa a Londra di David Cronenberg. Nelle anteprime, l'intimista 10 Items Or Less di Brad Silberling, My Blueberry Nights di Wong Kar Wai, suo primo film in lingua inglese con Jude Law e Norah Jones, Irina Palm di Sam Garbarski con Marianne Faithfull goffa casalinga. Valeria Bruni Tedeschi al secondo film da regista in Actrices: il cinema per mettersi a nudo. La retrospettiva su John Cassavetes, i documentari («in Italia hanno più energia»), In fabbrica di Francesca Comencini. Il tema torna in Signorina Effe di Wilma Labate con Valeria Solarino sull'autunno caldo dell'80 alla Fiat. Tendenze? Molti film sui vecchi e la solitudine. Fabrizio Bentivoglio in Lascia perdere Johnny! esordio da regista; Nelle tue mani di Peter Del Monte. Nanni si farà vedere? «Parlerò con Wim Wenders per la sua retrospettiva, e con Rosi, i Taviani, Brass, De Bosio e Vancini sui loro esordi». Rigore o rinnovato slancio, per ora siamo al Nanni Moretti show. «Io non mi limito a mettere la firma, lavorerò in continuità secondo un cinema meno convenzionale e pigro dove il concorso è centrale. Ma con i gusti miei».
Fonte: Il Corriere della Sera
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