La famiglia Russell è stata colpita da una terribile tragedia che ha segnato per sempre la vita dei fratelli Tim e Kaylie. Dieci anni dopo, Tim, che era stato accusato del brutale assassinio di entrambi i genitori, lascia il carcere con l’unico desiderio di lasciarsi tutto alle spalle e ricominciare. La sorella Kaylie invece, ancora ossessionata da quella fatidica notte, è fortemente convinta che la morte dei suoi genitori sia stata causata da una forza maligna nascosta in un antico specchio che si trovava nella casa di famiglia…
Con Oculus abbiamo finalmente una pellicola che si distacca da quella che è l' estetica dei new horror di James Wan (Insidious 1 & 2, The Conjuring- L' Evocazione) ed epigoni (Sinister, Dark Skies), tutti o quasi di pregevole fattura ma dalle trame abbastanza derivative o ripetitive nei loro clichè di genere. Il regista Mike Flanagan, coadiuvato dallo sceneggiatore Jeff Howard, coraggiosamente va oltre ed osa un pochino di più: parte da un proprio cortometraggio del 2006 - Oculus: Chapter 3 - The man with the plan – e lo “dilata” a lungometraggio riuscendo a conservare la freschezza di un lavoro originale che operazioni dalla genesi simile (vedi La Madre) non sono riuscite a mantenere. Ne esce un’ operazione ben congegnata, a tratti veramente disturbante (attenzione alle mele!) e dal ritmo narrativo quasi perfetto.
Il punto di forza di Oculus infatti è certamente il montaggio – Mike Flanagan nasce professionalmente come montatore – che alterna flashback, azione in tempo reale ed incubi indotti dallo specchio in maniera perfettamente controllata e coerente, riuscendo ad evitare grossolani errori di continuità che la sceneggiatura/rompicapo potrebbe facilmente indurre. Pur non essendo priva di difetti (un paio di situazioni sono involontariamente comiche ed il finale, facendo un po’ di attenzione ai particolari, è parzialmente prevedibile), la pellicola funziona perché basa il meccanismo di induzione dello spavento, più che sui soliti “trucchetti” cinematografici (aumento improvviso della musica, angoli morti dell’ inquadratura che nascondono personaggi o mostruosità varie), sulla mancanza di punti di riferimento stabili. Lo spettatore si ritrova così scagliato in una vicenda non solo dai contorni non definiti ma la cui intera struttura viene messa continuamente in discussione e ribaltata con intelligenza ed ironia.
Il coinvolgimento nella vicenda è garantito anche dal buon cast - composto finalmente da attori e non da “faccine” prese di peso da una delle tante teen series - su tutti la brava Karen Gillan (Doctor Who e, prossimamente, Guardians Of The Galaxy) che riesce a rendere immediatamente credibile ed empatica la propria figura di eroina/vittima sospesa fra follia, fragilità e sete di vendetta.