Cetto La Qualunque torna in Italia dopo una lunga latitanza all'estero. I suoi vecchi amici lo informano che le sue proprietà sono minacciate da una inarrestabile ondata di legalità che sta invadendo la loro cittadina e le imminenti elezioni potrebbero avere come esito la nomina a sindaco di Giovanni De Santis, un “pericoloso” paladino dei diritti. Così Cetto, dopo una lunga e tormentata riflessione in compagnia di simpatiche ragazze non ha dubbi e decide di “salire in politica” per difendere la sua città.
Non è cosa automatica che un personaggio comico creato per la televisione funzioni anche al cinema e non è altrettanto automatico che meccanismi perfettamente oliati per i tempi televisivi si inceppino paurosamente una volta trasferiti in sala. Il primo esempio che mi viene in mente è “Fascisti su Marte” di Corrado Guzzanti, ai tempi così perfetto in tv e invece risultato un po’ “zoppicante” una volta approdato sul grande schermo.
Non è il caso di Cetto LaQualunque, uno dei personaggi più strepitosi, ed allo stesso tempo più inquietanti, di Antonio Albanese. Dare a Cetto lo spazio di un film e dotarlo di una "storia" poteva essere una scommessa persa in partenza, tanto questo personaggio nel giro di pochi anni si è radicato nel linguaggio e nella cultura televisiva. Grazie invece ad una buona sceneggiatura, ad un cast scatenato di comprimari uno più bravo dell’ altro ( Sergio Rubini e Nicola Rignanese solo per citarne due, ma la lista dovrebbe comprendere tutti gli attori presenti) e, ovviamente, ad un Antonio Albanese al massimo della forma, il film acquista velocità man mano che procede. Le risate amare, a denti stretti, si alternano a vere e proprie esplosioni di umorismo nero che, in un paio di occasioni durante la proiezione in cui ero presente, sfociano in applausi a scena aperta, cosa ormai rara ( anche se spesso usata in malo modo) in una sala cinematografica. Sì, perché se si gratta la superficie (e non serve farlo neppure molto), “Qualunquemente” è un film che fa male, che ci sbatte in faccia i nostri tempi con un ghigno che di allegro ha veramente poco e che fa sparire, come se fossero inutili barzellette, quasi tutti i “concorrenti” italiani che in questo momento affiancano il film di Albanese sugli schermi. Con una mancanza di scrupoli degna del miglior Alberto Sordi anni ’70, Cetto attraversa il film elevando il turpiloquio allo stato dell’ arte, l’ ignoranza e l’ illegalità a condizioni necessarie e sufficienti per poter avere successo. Il problema è che tutto questo non è fiction ed Albanese lo sa, ce lo ha fatto presente in maniera implacabile qualche mese fa quando, ospite nel programma di Fazio e Saviano “Vieni Via con me”, alla fine dell’ennesimo travolgente comizio di Cetto si rivolge al pubblico presente in sala e, raggelante nella serietà che solo i veri “comici” riescono a raggiungere, afferma quello che forse in molti sospettavano già: “ …ricordatevi, voi siete la fiction, io sono la realtà”.