Cinema

SCREAM 4

SCREAM 4

Nel quarto capitolo della serie meta-horror diretta dal maestro Wes Craven, Sidney è l'autrice di un manuale di auto-aiuto e nell'ultima tappa del tour promozionale del libro torna a Woodsboro. Lì riallaccia i contatti con lo sceriffo Linus e sua moglie Gale, con la giovane cugina Jill e la zia Kate.
Ma, con il ritorno di Sidney a casa, tornano anche gli omicidi di Ghostface, che pare prendere di mira il liceo frequentato da Jill.


Dopo il tiepido ritorno di Carpenter, un altro grande cineasta di genere si riaffaccia al cinema e sceglie di farlo nel modo forse più rischioso: mettendo mano per l’ ennesima volta ad un franchise collaudato e di successo come Scream. I rischi del film fotocopia c’ erano tutti ma Wes Craven smarca il problema in modo più che brillante. Evita infatti in modo convincente la dilagante mania dei reboot / remake ( anche se all’ inizio della campagna promozionale, Craven stesso cercava di “rivenderlo” come tale ) e costruisce un sequel che è all’ altezza, se non migliore, del prototipo. Dall’ ultimo Scream sono passati undici anni, i tempi sono cambiati così come è cambiata la società ed i valori ad essa legati, sono i tempi dove l’ importante è apparire, meglio ancora se su schermo di un pc o di un cellulare. Le nuove generazioni sono più sveglie e smaliziate, si è alzata di moltissimo la soglia dell’ orrore, andata a sorpassare la paura stessa ed approdata nel disgusto nudo e crudo. È l’ epoca degli I-Phone, della rete e di Facebook, e così le regole del cinema horror non sono più quelle dettate dal capostipite della serie e poi sviluppate nei vari dignitosi sequel. Non è più necessario che l’ assassino sia soprannaturale per poter essere dappertutto, come nei vari Venerdì 13, Halloween o Nightmare: ora per poter vedere e scovare le proprie vittime ovunque è sufficiente uno smart phone e una webcam posizionata nei punti giusti.
Craven  e lo sceneggiatore Kevin Williamson, intelligentemente, hanno messo al servizio del film tutti questi cambiamenti creando così un Ghostface "versione 2.0" e riscrivendo ed aggiornando, nel contempo, le regole del cinema horror del nuovo decennio. Già nei primi travolgenti minuti di film infatti, per bocca delle protagoniste in uno strepitoso gioco di cinema nel cinema, mettono subito in chiaro cosa pensano degli ultimi dieci anni di produzioni di genere. Che Craven fosse più che competente in materia non c’ era neppure bisogno di dimostrarlo visto che già tempo addietro aveva rimesso mano, per darne dignitosa sepoltura, al suo personaggio più fortunato, quel Freddy Krueger che -  con Nightmare-Dal Profondo Della Notte  - aveva mostrato nuove direzioni al genere horror ma che ormai negli anni era stato troppo snaturato e ridotto a macchietta buffonesca dagli innumerevoli e sempre più fumettistici sequel.
Se poi lo svolgimento del film è quanto mai lineare -  e in fin dei conti anche abbastanza prevedibile - poco conta; è nel momento in cui si tirano le somme di 1h e 40 di proiezione ( forse qualche minuto in meno non sarebbe stato male, questo sì ) che Craven lascia al finale - raggelante nella sua attualità - il compito di farci da “termometro” atto a misurare l’attuale scala dei valori di molti dei teenagers americani e non solo.
Raccontato in questo modo può sembrare quasi un esercizio di stile cinematografico un pochino snob e raffinato con tendenze sociologiche di serie B ma tutta qui sta l’ intelligenza di Craven ( così come in altre prove altrettanto acuti sono stati Carpenter e Romero) ovvero nel riuscire a veicolare un “messaggio” anche abbastanza impegnativo attraverso un mezzo ritenuto – spesso a torto - becero e grezzo come può essere un film dell’ orrore.