«All’uomo, riprodotto in più di 200 scatti, ho voluto affiancare l’altra indispensabile presenza, senza la quale ogni sforzo è vano: il viaggiatore/visitatore. Per lui ho creato 5 luoghi in cui perdersi, irreali e stranianti, tanto particolari da produrre un totale coinvolgimento spaziale ed emotivo in cui venire immersi, per poter quindi esperire con animo nuovo l’altro, la sua immagine riflessa» (Dalla brochure della mostra).
Così Peter Bottazzi, ideatore del percorso espositivo della mostra Steve McCurry. Viaggio intorno all’uomo, nel Sottoporticato di Palazzo Ducale. Sono cinque le sale tematiche di questa antologica, che ripercorre gli ultimi trent’anni della carriera del fotoreporter americano: la scoperta, le vertigini, la poesia, lo stupore, la memoria. Dalla prima all’ultima sala il visitatore è sempre immerso in un’atmosfera magica, a tu per tu con le fotografie di McCurry. Si tratta davvero di un viaggio intorno all’uomo, intorno alla sua poliedricità e alle sue estreme contraddizioni. Nella prima sala si incontra il McCurry ritrattista. I volti che ti scrutano con nobiltà e fierezza sono tanti. Dicono l’indicibile attraverso la pelle, le rughe, i colori, i capelli, ma soprattutto attraverso gli occhi. Quelli grandi dei bambini, quelli eleganti degli adulti, quelli magnanimi degli anziani. Sharbat Gula, la nota ragazza afgana ormai divenuta un’icona è lì, insieme con la sua immagine adulta, fotografata diciassette anni dopo. I ritratti sono disposti sulle pareti dei dieci corridoi in cui è stata suddivisa la sala più grande del Sottoporticato. In realtà le pareti sono realizzate con una stoffa nera velata, per cui è possibile intravedere attraverso il velo le fotografie dei corridoi successivi che sembrano immerse in una brezza incantata. Ogni immagine è illuminata da un faro, cosicché l’unica luce che si diffonde nella sala buia è quella che proviene direttamente dalla foto. Un gioco di riflessi insieme potente e suggestivo. Bellissimi il ritratto del nomade Kuchi (Srinagar, India, 1995) e della donna Tuareg (Gao, Mali, 1986), ma sono gli occhi dei bambini a entrarti dentro con la loro genuinità e il loro sguardo intenso, un esempio è la pastorella indiana (Rajasthan, India, 2009). La seconda sala narra davvero l’altra faccia dell’uomo, della sua efferatezza, della sua crudeltà, ma anche del dolore che modifica e traccia una cicatrice profonda nella vita degli innocenti. Dall’Afganistan agli Stati Uniti, dallo Yemen al Giappone, dal Perù all’India, dal Libano al Pakistan, al Kuwait, McCurry ci racconta la guerra e le catastrofi naturali, lo fa attraverso una narrazione cruda che mai vuole essere scioccante semmai indurre alla riflessione e alla partecipazione. Le fotografie ci circondano mentre osserviamo, costretti a sollevare lo sguardo per girarci intorno senza sottrarci allo scempio. La terza sala è una poesia. Lo è l’esposizione e lo sono le fotografie, tutte di piccolo formato (20x30). Il rapporto con l’immagine si fa qui intimo. Il visitatore è costretto ad avvicinarsi per osservare i dettagli. Le fotografie si sporgono, alla lettera, verso l’osservatore. Sono alla base, infatti, di parallelepipedi rettangoli posti ad altezza d’uomo che percorrono come una cintura aggettante la sala. È qui la fotografia delle donne indiane con i loro abiti rossi che riunite in un abbraccio si difendono dal vento. Sembrano danzare in un’atmosfera onirica e irreale (Rajasthan, India, 1993). Infine la penultima stazione -lo stupore-, il viaggio sta per concludersi. McCurry grazie a Bottazzi ci fa entrare in contatto con un’umanità genuina e imprevedibile. Stupiscono molte di queste foto e ancora riverbera in noi la poesia che si è appena lasciata alle spalle ma che qui ritorna in certe luci e in certi colori, in certi sguardi e in certi attimi cristallizzati nell’eternità. L’ultima sala –la memoria- è ancora una volta una sorpresa, conclude un percorso magico, esaltante, avventuroso, ben pensato ma soprattutto bello, semplicemente bello. Si tratta di un tavolo colmo di sabbia su cui viene dall’alto proiettato un video del National Geographic sul ritrovamento di Shabart Gula e il suo incontro, diciassette anni dopo, con Steve McCurry. Intorno al tavolo venti sedute –nuovamente dei parallelepipedi rettangoli- a formare un cerchio, come a voler rievocare le prime forme sociali, i primi originari raduni preistorici intorno al fuoco.
Il catalogo di questa mostra, Steve McCurry / Icons, edito da Sudest57, è invece un discorso a parte. È, alla lettera, fatto male. Unica nota stonata in un percorso espositivo eccellente.
Nota
Cfr. G. Randazzo, "Steve McCurry Viaggio intorno all'uomo", in Gente di Fotografia, anno XVIII, n. 54, pp. 108-109.
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Steve McCurry. Viaggio intorno all’uomo
A cura di Peter Bottazzi e Biba Giacchetti
Palazzo Ducale, Sottoporticato
18 ottobre 2012 - 24 febbraio 2013
www.stevemccurrygenova.it
Orari
da martedì a domenica con orario 10-19
lunedì con orario 14-19
Biglietti
€ 12 intero
€ 9 ridotto giovani fino a 25 anni, universitari con tesserino, gruppi di almeno
15 visitatori, maggiori di 65 anni, titolari di convenzioni appositamente attivate
€ 4 ridotto scuole primarie e secondarie e minori di 18 anni
€ 16 cumulativo con la mostra di Miró! Poesia e luce