Cinema

Tutti i nostri desideri

Tutti i nostri desideri

Una storia di buoni sentimenti, delicata e costruita con la logica geometrica di una favola, in cui però a morire non è il cattivo ma il giusto, grazie al quale tutti gli altri continueranno a vivere felici e molto più consapevoli. È una di quelle pellicole catartiche che ogni tanto sono necessarie per risentire, per riassaporare, per apprezzare la vita nella sua quotidianità spesso noiosa e ingannante. Ed è un buon film anche dal punto di vista cinematografico. L’angoscia del personaggio, la distanza intima dal mondo, che la sua malattia genera, e la sua immersione nella vita di tutti i giorni sono restituite senza enfasi, lasciando che sia la costruzione della scena a dire.
Claire Conti, interpretata da una splendida Marie Gillain, è un giudice di Lione che cerca di salvare una donna dallo strozzinaggio degli istituti di credito, aiutata da un collega giudice, Stéphane –il bravissimo Vincent Lindon-, che farà sua la lotta di Claire, cercando di giungere sino in fondo. Nel frattempo a Claire viene diagnosticato un tumore al cervello, inoperabile. La donna, che è anche madre di due bambini, affronta la malattia nel migliore dei modi, cercando la salvezza nella pianificazione del futuro della sua famiglia, quando lei non ci sarà più.
L’amicizia, l’amore, la maternità, la giustizia sono la cornice principale di questa storia, mai ampollosa, mai ridondante, mai esagerata, tutt’altro: pacata, equilibrata, misurata, in linea con la sobrietà del cinema francese. Un film denuncia, anche, com’è tipico per Philippe Lioret, regista già noto per Welcome (2009), che trattava il tema dell’immigrazione e delle pene francesi contro i clandestini e che in Francia aveva suscitato molte polemiche. Vincent Lindon era allora il deuteragonista, ma con un ruolo di primo piano, come in Tutti i nostri desideri. Un attore convincente e che parla anche quando sta zitto. D’altronde, la bella e raffinata Marie Gillain riesce a calzare il suo personaggio senza fatica, immedesimandosi, straniandosi, almeno così pare. Dunque, è brava. Una tematica sociale –quella di Tutti i nostri desideri- liberamente ispirata al romanzo Vite che non sono la mia di Emmanuel Carrère, pubblicato in Italia per i tipi Einaudi, e affrontata attraverso l’universo delle relazioni sentimentali, indagate con la delicatezza di uno sguardo pudico e senza l’invadenza di certa cinematografia di cassetta il cui scopo è deprimere lo spettatore. Eppure, il consiglio è quello di non entrare in sala senza un fazzoletto.

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Tutti i nostri desideri
(Toutes nos envies)
Regia di Philippe Lioret
Soggetto tratto liberamente da Vite che non sono la mia di Emmanuel Carrère (Ed. Einaudi)
Sceneggiatura: Philippe Lioret, Emmanuel Courcol
Con: Vincent Lindon (Stéphane), Marie Gillain (Claire), Amandine Dewasmes (Céline), Yannick Renier (Christophe), Pascale Arbillot (Marthe), Isabelle Renauld (Dott.Hadji), Laure Duthilleul (Madre di Claire), Emmanuel Courcol (Dott. Stroesser), Anna-Bella Dreyfus (Mona), Thomas Boinet (Arthur).
Francia, 2011