Finalmente un titolo tradotto in modo decente! Seppur non aderente all’originale, è stato comunque ben pensato e ne va dato merito. Il titolo originale del film, “Stranger than fiction” è un omonimo album (e canzone) del 1994 dei Bad Religion, il cui verso ispiratore è stato “Life is the crummiest book I ever read” (“La vita è il libro più schifoso che abbia mai letto”).
Harold Crick è un agente del fisco che conduce una vita talmente di routine e anonima da sembrare un automa. Calcola ogni cosa, un suo modo per tenere sotto controllo la vita. D’improvviso, però, si accorge che la situazione gli è sfuggita di mano: qualcun altro la controlla al posto suo. Sente infatti una voce di donna che descrive tutte le sue azioni. Ed è qui che la vita di Harold comincia a cambiare…
Soffermarsi più a lungo sulla trama svelerebbe, volenti o nolenti, i passaggi chiave di un film intelligente, seppur complesso. Non è obbligatoriamente logico (è pur sempre un film!), ma ha una sua logica interna. Zach Helm, lo sceneggiatore, è un giovane esordiente che ne ha fatto un film furbo ma un po’ intricato, attaccabile dai razionali e dai puntigliosi. A ogni modo il film si regge su alcuni pilastri di grande originalità, a partire dal leit motiv del film e di ciò che Harold chiede a un certo punto al suo mentore: “La vita è una tragedia o una commedia?”. “E’ una commedia molto seria”, risponde il mentore. Ed è ciò che vale anche per questo film, detentore di un innegabile e notevole appeal commerciale, un film che riesce a combinare (con criterio) la filosofia con la semplicità. C’è qualcosa che ricorda il genere “Se Mi Lasci Ti Cancello” e “The Truman Show”; per questo motivo, “Vero come la Finzione” va seguito con attenzione, per non perdersi nei meandri cervellotici della trama, ma l’attenzione è richiesta per poter godere appieno di alcune finezze. Helm, appassionato di enigmi, ha infatti disseminato il film di indizi arguti e i nomi di strade, personaggi e negozi hanno tutti un significato. Delizioso omaggio a David Hilbert, il matematico dalle folli 23 domande, qui messo in mano a Dustin Hoffman che è invece Jules Hilbert, professore di teoria letteraria.
Diretto dalla mano inconfondibile di Marc Forster (e “Neverland” balza all’occhio eccome!), “Vero come la Finzione” oltre a Dustin Hoffman arruola altri attori di rango come Emma Thompson e Maggie Gyllenhaal, con una parte, minore, anche per Queen Latifah. Il protagonista, Will Ferrell, nonostante il conclamato talento comico, risulta comunque perfetto nel ruolo di Harold Crick, mostrando un lato drammatico misurato e preciso, lontano dalle ostentazioni. Ferrell, star statunitense del “Saturday Night Live” e guest star nei film di Ben Stiller, con questo film mette una X in più sul tabellone di quanti lo vedrebbero l’erede di Jack Lemmon e Tom Hanks.
Sulle note di una colonna sonora di tutto rispetto (The Clash, Spoon, tra gli altri), “Vero come la Finzione” si prepara ai box, pronto ad affrontare il suo destino, come tutti i film del suo genere: o farà il botto come “The Truman Show”, o passerà inosservato come “Se Mi Lasci Ti Cancello”. Vie di mezzo, per film così, non ce ne sono.
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