Dopo una vita sulle punte resta il ricordo di un'artista e donna animata da dolcezza e passione proprio come la sua indimenticabile Giselle.
La danza è morta! O forse la danza di un tempo ormai trascorso e lontano.
Carla Fracci è stata un’artista immensa, una ballerina che ha danzato la storia e l’epoca di una danza non piegata al virtuosismo. Ad appena 24 ore dalla sua morte è stato già detto tutto sulla sua carriera, i suoi successi, la sua vita.
Dotata di una tecnica perfetta ma mai circense, Carla Fracci era un’artista di quelle con una luce speciale, a cui bastava uno sguardo per arrivare al cuore. Ha consacrato in modo assoluto la danza all’arte, rendendo tangibile e viva tutta la poesia contenuta anche in un semplice gesto.
La danza e l’arte fuse nel corpo di una donna
Vestiva di bianco, si muoveva come se fosse una nuvola fluttuando con eleganza. Aveva occhi comunicativi, quelli indimenticabili di certe attrici del Novecento. Occhi che parlavano, volitivi ma dolcissimi, un corpo intelligente e carico di emotività; un animo precursore, fiero delle sue origini popolari e permeato da valori d’altri tempi ma perennemente attraversato da un soffio di modernità.
Era una diva ma non ne conosceva gli atteggiamenti, piuttosto aveva una grandezza naturale. A lei il merito di aver reso la danza popolare danzando in teatro, cinema, televisione, nelle piazze del popolo cui ella stessa era orgogliosa di appartenere. Aveva la forza e la tenacia propria di quelle donne del popolo, quella che ti permette di arrivare in alto senza lasciarsi spaventare dalla fatica e dal sacrificio.
È stata un’icona, un simbolo a cui ispirarsi non solo come danzatrice ma come donna: sempre impegnata attivamente a livello sociale e anche politico, incontrava i giovani, non mancava mai di rivolgere il suo pensiero a realtà più piccole come le scuole di danza, inculcando il mito del balletto come arte che non può prescindere dalla tecnica ma soprattutto da un lavoro profondo che affonda le sue radici nella cultura, nella musica, nella verità del movimento e delle sensazioni che lo muovono.
Nonostante la carriera non rinunciò alla famiglia sposando il regista Beppe Menegatti, con cui il connubio umano e artistico durò per tutta la vita, e da cui ebbe il figlio Francesco. Non si lasciò mai inghiottire dal successo, dalle smanie del divismo. Danzava non per apparire ma per essere, e le sarebbe stato impossibile il contrario. Nel suo corpo c’era il fermento artistico e popolare del suo tempo ma anche una sospensione verso il futuro che la rendeva straordinariamente moderna e che oggi ce la restituisce contemporanea.
Non le apparteneva la dannazione che segnò tanti altri artisti. Più maturava e più aumentava la sua voglia di vivere con la sua giovinezza d’animo che la vide danzare fino all’ultimo. Era leggera non solo quando si muoveva sulle punte ma anche nell’affrontare la vita, lasciandosi guidare dalla passione, dalla dolcezza e dalla gentilezza di spirito.
Una doppia natura… come Giselle
Giselle è forse la sua interpretazione più grande. Indimenticabile! Inimitabile! Forse perché il personaggio del balletto coreografato da Coralli e Perrot danza ‘spaccandosi’ tra il primo e il secondo atto.
Da giovane contadina, sfiorata dalle gioie del primo amore e piena di voglia di vivere, quando scopre il tradimento e l’inganno del suo amato Albrecht, Giselle impazzisce, muore e si trasforma in una Villi. Queste ultime sono spiriti eterei di giovani fanciulle che si vendicano dei tradimenti dei loro uomini facendoli danzare fino alla morte. Giselle però sceglie l’amore sostenendo Albrecht nella loro danza fino all’alba, salvandolo.
Il balletto è l’icona del repertorio romantico per eccellenza, fonde tecnica, pantomima, narrazione, sentimento. Carla incarnava perfettamente la fisicità della ballerina romantica e la sua passionalità innata ne pervadeva lo spirito. Il suo modo di interpretare Giselle fu precursore ed esemplificativo di un modo di danzare assolutamente moderno.
Come ha ricordato negli ultimi mesi di vita durante una masterclass tenuta al Teatro alla Scala durante la preparazione di Giselle, ogni ruolo (ma questo forse più di tutti) va danzato col cuore, con l’intenzione dell’azione, liberando la sensazione che muove quell’azione stessa. La scena della pazzia nel primo atto è emblematica in tal senso. Il dolore di un amore tradito la fa danzare fino alla morte e quello stesso amore muove la danza vorticosa della sua Villi nel secondo atto.
La sua doppia natura così eterea da un lato e passionale dall’altro la consacrano ad artista unica ed eterna.