Teatro

Cinema musica teatro danza per il governo non esistono

Cinema musica teatro danza per il governo non esistono

Le lettere a Federico Orlando Cara Europa, desideriamo informare i vostri lettori che martedì 30 novembre, nella giornata dello sciopero generale dello spettacolo, si riuniranno al Teatro dell’Opera di Roma – dalle 15 alle 17 – le organizzazioni degli artisti, dei tecnici, dei lavoratori di tutti i settori della produzione e della fruizione culturale. L’iniziativa ha il sostegno dei nostri sindacati dello spettacolo e della comunicazione Cgil (Slc e Sai), Cisl (Fistel e Attori) e Uil (Uilcom e Saie). Sarà una giornata di lotta contro una finanziaria che umilia il mondo della cultura; contro l’erosione delle risorse destinate alla produzione culturale, l’insensato “federalismo culturale”, il taglio delle risorse alle autonomie locali. Questa Finanziaria priva di risorse il paese e non pensa neanche lontanamente ad assumere la cultura come elemento identitario e strategico della crescita italiana. Nel frattempo, ne destruttura le articolazioni più significative, cinema, musica, prosa, danza. Sacrifica l’Italian Style, che finora ha connaturato positivamente la nostra produzione. Continua l’erosione del Fus (fondo unico per lo spettacolo). Regioni ed enti locali debbono penalizzare le loro attività culturali. Intanto il ministero dei Beni culturali ricalca percorsi già sperimentati, come quelli riguardanti il riordino cinematografico; mentre sulla legge per lo spettacolo dal vivo pende l’ipoteca della delega legislativa al governo. Senza leggi di sistema, il ministro esercita ampie prerogative unilaterali, e attraverso la decretazione legislativa si muove in un’ottica di scambio lobbystico. Su questa latitanza del governo vogliamo confrontarci con le associazioni imprenditoriali e con quelle professionali. Auspichiamo un decisivo contributo della comunicazione. le segreterie nazionali cgil, cisl, uil spettacolo Risponde Federico Orlando Cari amici, cominciamo subito col nostro piccolo contributo. E intanto scusatemi se, per ragioni di spazio, ho ridotto il testo; e se, per altre ragioni, ho tolto alcune espressioni gergali. Ho lasciato solo la parola “fruizione” affinché su di essa facciate con noi un pensierino speciale, per seppellirla definitivamente. Fruizione è una parola della sociologia postsessantottina, che degrada la cultura a diritto riconosciuto, come lo sconto ferroviario al pensionato ultrasessantenne. Fruire è un verbo intransitivo o transitivo. Si fruisce di una riduzione (intransitivo), mentre non si fruisce la beatitudine (transitivo) ma la si gode. Grammatica a parte, è la vita che ci consente non di “fruire di” ma di “godere le” ricchezze immateriali, la cultura, appunto, l’ambiente, il paesaggio, l’amore, l’amicizia, la solidarietà, lo spettacolo. Se vogliamo rivalutare, insieme, l’arte e la nostra concezione non materialistica della vita, liberiamoci dall’idea fruizionistica, consumistica, appunto materialistica; riportiamoci alla spiritualità e all’estetica; riconosciamo il diritto delle persone di godere i beni morali; diamo quindi ad esse istruzione a scuola, qualità dei prodotti, e infine – ultimo anello della catena – il biglietto a prezzo accessibile per il cinema, il teatro, l’auditorium, il museo. Dovrebb’essere questo uno dei punti forti della nostra alternativa etico-culturale alla maggioranza materialista che ci governa, che sente solo la musica dei soldi. Dico queste cose non per complicarci la vita, ma perché tutto si tiene. La vostra protesta si tiene con quella della signora Moratti, che minaccia di dimettersi per il trattamento della Finanziaria a scuola e ricerca. Magari non si dimetterà, ma è un segnale di quanto sia diffuso il malessere; e comunque la vostra protesta surrogherà quella della ministra, solo annunciata. La vostra protesta è oggi anche più credibile, dopo le parole del capo dello Stato al Quirinale per i Premi De Sica. Ciampi ha chiesto a Urbani, con un filino d’ironia: «Perché non utilizzate le visite di Stato all’estero per far vedere negli altri paesi le pellicole vecchie e nuove del cinema italiano?». Scriveva ieri in questa pagina la nostra collaboratrice Dina D’Isa: «In quest’ottica, il presidente partirà presto per un viaggio in Cina: oltre a una rassegna di film di Antonioni, l’Italia darà dei supporti tecnici per realizzare delle multisale a Pechino, e per assistere al restauro della Grande Muraglia e della Città Proibita». E ancora: «Se manca una migliore distribuzione a livello internazionale ed europeo del nostro cinema, bisogna lavorare per riunire le forze». Mi sembra, cari sindacalisti, che dopo le proteste del maestro Muti e dopo il discorso di Ciampi, il problema nazionale della cultura abbia avuto una spinta, che spetterà alla vostra iniziativa mandare anche più avanti. La destra affarista, come vedete, al più si limita a contestare se un “intellettuale di centrosinistra”, Enzo Siciliano, viene chiamato a presiedere il Premio Viareggio. Personalmente, penso che alla spinta in avanti non debba restare estranea la televisione. Essa deve uscire dal morbo concorrenzialista, che ha indotto tv pubblica e privata a cercare fiction di sottoqualità all’estero, a non attivare forme di coproduzione europea, a distruggere il cinema italiano che negli ultimi anni del ’900 ha perduto il 65 per cento dei biglietti e chiuso il 58 per cento delle sale. Insomma, cominciamo a preparare obbiettivi concreti per la nostra prossima azione di governo, in modo da non restare impantanati, come l’altra volta, tra fare e non fare. Non si tratta di demonizzare C’è posta per te o l’Isola dei famosi, semmai il trash delle sorelle Leccisi purché non si trasformi in codice etico, mascherato da codice della qualità. Lo Stato etico lasciamolo ai teocon della destra, e contro il suo fantasma teniamo fermo il dito sul grilletto. Non si pretende l’opera lirica in prima serata, ma si può pretendere quell’opera o il teatro o il film d’autore, o la poesia o la critica letteraria in altre fasce non nottambulesche, opponendosi alla dittatura dell’auditel. Restituiremmo agli italiani la dignità intellettuale che la tv trash gli ha strappato, e utilizzeremmo la maturità espressiva e tecnica che la tv italiana aveva raggiunto, e che sarebbe ancora in grado di dare immagini e voci agli eventi, di moltiplicare le nostre capacità di vedere e di ascoltare.