Teatro

Le Marionette di Podrecca fra teatro, musica e magia

Le Marionette di Podrecca fra teatro, musica e magia

Quando il cividalese Vittorio Podrecca, trasferitosi nel 1905 a Roma, dove il fratello era critico musicale dell’”Avanti”, capì che l’arte forense non faceva per lui, prese a scrivere e a collaborare con vari giornali dell’epoca e, nel 1911, fondò e diresse la rivista “Primavera” che intendeva iniziare i ragazzi alla lettura delle opere teatrali. Nel periodo in cui fu segretario del Liceo Musicale di Santa Cecilia, oltre a Respighi e Bossi, ebbe modo di conoscere Alexander Anfitreatov, giornalista russo che gli procurò le partiture di alcune fiabe del russo Cesar Kjui, scritte per il teatro di marionette di Leningrado. E’ probabile che Podrecca ritrovò in queste partiture vivi ricordi della sua infanzia, legati a burattini e marionette, tanto da cominciare a pensare ad un teatro di marionette. Condivise l’entusiasmante progetto con Luigi Fornaciari, allora rappresentante della casa Ricordi, che aveva proprio in quel periodo preso in affitto ed adibito a Sala da concerto l’ex scuderia di Palazzo Odescalchi a Roma. Con loro era anche Giovanni Santoro, marionettista napoletano con una consolidata esperienza sia in Italia che all’estero. Storicamente, il teatro delle marionette è sempre stato uno spettacolo riservato ad un pubblico più "raffinato", poiché non ha le caratteristiche dell’immediatezza di quello dei burattini, che fa del dialogo la sua principale prerogativa. Era piuttosto un genere che tendeva a stupire l'uditorio, per i suoi artifici meccanici e per la perfezione dei movimenti stessi, tanto da far apparire le marionette come persone miniaturizzate in grado di compiere esercizi impossibili per un essere umano. Nel '700 tutte le maggiori case signorili italiane, possedevano un teatrino di marionette. Con la crisi, e la fine, della società aristocratica, e l'avvento di quella borghese, anche la marionetta trova un nuovo pubblico divenendo spettacolo urbano e borghese diffuso dalle compagnie girovaghe. Nelle grandi città inizia lo sviluppo dei teatri stabili "popolari" per marionette, meta di un pubblico che non potendosi permettere gli alti costi del teatro d’opera, si accontenta di vedere " piccoli" riadattamenti dei titoli più celebri, con compagnie marionettistiche stabili, impegnate in vere e proprie stagioni. Così, mentre a Milano c’era il “Gerolamo” dei Colla e a Torino il “Gianduia” dei Lupi, a Roma nacque il “Teatro dei Piccoli” di Podrecca, il cui nome faceva riferimento sia alle dimensioni degli interpreti che al pubblico cui era destinato. Fin dal primo spettacolo Podrecca professò fedeltà a quella verosimiglianza che, tra ironia e lirismo, seppe far rivivere opere buffe e fiabe in uno spettacolo avvincente ed autentico sul piano espressivo. Podrecca aveva più volte sottolineato l’affinità tra le marionette e la musica, in particolare tra il movimento delle marionette e la musica, in quel potenziale andamento espressivo e sonoro , le cui corde erano capaci di far vibrare l’anima di un pubblico bambino. Cosicché, si definiva un’alleanza, tra marionette e musica, attraverso quel ritmo dell’arte e della vita che esse erano in grado di sprigionare, grazie all’abilità dei marionettisti, nel dare un’anima ai personaggi, e di coloro (tenori, soprani, baritoni o bassi) che dietro alle quinte davano voce umana ai Piccoli, come ad un fantastica compagine di figure e di fili. Al debutto, il 21 febbraio 1914, con La serva padrona di Pergolesi, assistettero oltre ad un pubblico di bambini, personaggi di spicco del panorama intellettuale e teatrale nazionale, tra i quali Mingardi, direttore della Scala. Agli spettacoli successivi accorsero il generale Diaz e Eleonora Duse, Borgatti, Cotogni e ancora Puccini, Cilea, Bossi, Toscanini, Zandonai, Strawinski e molti altri. La fama raggiunta in poco più di un mese procurò ai Piccoli un invito al Quirinale dove lo spettacolo ebbe grande successo. L’anno successivo ci fu il debutto fuori Roma, ai Filodrammatici di Milano con il Don Giovanni. L’inizio della guerra causò l’interruzione degli spettacoli. Lo stesso Podrecca partì per il fronte dove continuò a seguire con il pensiero la ripresa dell’attività dei Piccoli avvenuta nell’ottobre dello stesso anno, mentre si dava molto da fare per organizzare spettacoli di burattini per i soldati del fronte. Quando Podrecca rientrò a Roma nel 1919, trovò che non solo i suoi Piccoli avevano continuato a lavorare e a riscuotere successi, ma che erano pronti a partire per una nuova tournée: furono al Teatro Rossini di Venezia dove D’Annunzio volle assistere alla rappresentazione prima di partire con i suoi legionari per l’impresa di Fiume, al Niccolini di Firenze, al Teatro del Popolo di Milano, al Verdi di Bologna e al Paganini di Genova. In questi anni i Piccoli, a differenza delle altre compagnie, pur riproponendo spettacoli già sperimentati, avevano continuato a lavorare sul nuovo, attingendo a tutte le risorse dello spettacolo, della musica e dell’arte della messa in scena, con interesse per le novità e per i giovani talenti della drammaturgia italiana. Il successo che i Piccoli continuavano a riscuotere li aveva elevati a una dignità nazionale, tanto che Podrecca pensò di aprire una filiale a Milano e a Torino. L’idea suscitò non poche polemiche dato che in queste città esistevano già due compagnie stabili di marionette e Podrecca fu accusato di voler instaurare un regime di monopolio. A nove anni dal debutto, i Piccoli si lanciarono in una gloriosa tournée internazionale che li portò al Cervantes di Buenos Aires al Colon di Rosario di Santa Fé, all’Albeniz di Montevideo, all’Antartica di San Paolo e all’Iris di Rio de Janeiro. Il 12 aprile 1923 il Teatro dei Piccoli debuttò al New Scala Theatre di Londra con La bella dormiente nel bosco di Respighi e tenne il cartellone per i successivi tre mesi con il teatro sempre esaurito: subito dopo la scrittura per il Coliseum. Di questo periodo è la breve, ma significativa lettera che Eleonora Duse scrisse a Podrecca, proprio nel momento del suo ritorno in scena a 65 anni: “…anche la marionetta può essere perfetta quando è guidata da un’anima. I suoi attori non parlano ed obbediscono; i miei parlano e non obbediscono. Quanto sarei lieta che mi portasse, con il suo teatro, anch’io con voi, a fare il giro del piccolo mondo nostro!…” Durante la tappa londinese, Podrecca dovette rimpiazzare la cantante protagonista de La bella dormiente nel bosco e gli venne segnalata una giovane allieva di Leoncavallo, Cissie Vaughan, che stava allora lavorando al Covent Garden. La Vaughan firmò il contratto, ma nessuno le disse che avrebbe dovuto dare la voce a delle marionette cosicché alla prima prova rimase impietrita, andò su tutte le furie e provò a ritirarsi. Ma il contratto era stato firmato e Cissi Vaughan non solo cantò, ma finì per restare tutta la vita con le marionette. Sposò in seguito il Podrecca e, dopo la sua morte, cercò in ogni modo di far sopravvivere le imprese del Teatro dei Piccoli. Intanto, la notizia dei successi londinesi era arrivata in America e cominciavano a fioccare le scritture per i Piccoli a suon di battaglie radiotelegrafiche per la precedenza dei contratti. Intanto l’Odescalchi che aveva mantenuto l’insegna di Teatro dei Piccoli era passato di mano in mano, ospitando varie compagnie tra le quali, dopo il 1925, anche quella del Teatro dell’Arte diretta da Luigi Pirandello. I Piccoli non tornarono più in Italia, soprattutto per motivi finanziari: la Sala Odescalchi, limitata in quanto a posti, non bastava per coprire tutte le spese della compagnia, tanto che Podrecca aveva chiesto una sovvenzione al Comune di Roma impegnandosi in spettacoli gratuiti per la scuola. Il contributo gli fu negato sia allora e sia trent’anni dopo, quando venne chiesto per dare ai Piccoli una sede, e trasformare la compagnia in Teatro nazionale delle marionette. Dopo il 1925, i Piccoli di Podrecca furono in Spagna, Sud America, Svizzera e Germania, Ungheria, Danimarca, Norvegia, Belgio, Grecia, Turchia continuando a mietere ovunque grande successo.La compagnia era formata da 524 artisti, 500 di legno, stoffa, cartapesta e filo di ferro, e 24 in carne ed ossa. I programmi della tournée di quegli anni puntavano molto sui numeri di varietà, ma la parte centrale presentava una favola lirica come Alì Baba di G. Battesimi, Cenerentola e il Gatto con gli stivali, o riduzioni di opere come la Serva padrona di Pergolesi, Il Barbiere di Siviglia di Rossini o di operette come Geisha di Sidney Jones. Lo spettacolo si apriva sempre con il Prologo e si chiudeva con il concerto da camera. In Polonia, nel 1929, assistette allo spettacolo Jean Paderewsky, allora Presidente della Repubblica. Quando il pianista di legno chiuse lo spettacolo ci fu un’ovazione, lo stesso Paderewski salì sul palco per chiedere un autografo e il pianista di legno scrisse: “al più grande il più piccolo …”. Paderewski comunicò a Podrecca che, considerato il carattere educativo ed artistico dello spettacolo, aveva concordato con il Ministro dei Trasporti che alla compagnia fosse riservato un vagone-letto speciale per tutta la durata della tournée in Polonia che durò tre mesi. Successivamente, la critica e il pubblico parigino decretarono altri grandi successi, tanto che Podrecca fu insignito della Legione d’Onore. Dopo grande attesa, i Piccoli tornano a Roma al Teatro Quirino ma solo per due giorni; li aspettava infatti una nuova tournée negli Stati Uniti sotto la “protezione” di Hurok, impresario per l’America di Chaliapine, della Pavlova e dei balletti russi di Diaghilev, che si era precipitato a Parigi proprio per assistere allo spettacolo dei Piccoli, rimanendone affascinato. L’esperienza americana segnò dei cambiamenti nel teatro di Podrecca: sotto l’aspetto tecnico si progredì perfezionando il meccanismo delle marionette e migliorando la disposizione delle luci, il sistema di diffusione delle voci dei cantanti fino alla perfetta sincronizzazione di luci, suoni e movimento. Ma ancora più significativi furono i cambiamenti dei contenuti dello spettacolo: Podrecca scelse di dare più spazio ai numeri di varietà, spostando in tal modo il centro dello spettacolo dalla sfera colta ed elitaria delle riduzioni di opere liriche, ai temi mediati dal folklore e dall’attualità, ai numeri comici e alle imitazioni. Non era una resa ai gusti facili, quanto un calibrarsi ai gusti delle platee internazionali senza modificare le caratteristiche fondamentali del Teatro di Podrecca. Il 1935 e ‘36 li videro in giro per l’Europa e nel ‘37 ripartono di nuovo per l’America dove restarono fino al ‘51, anno in cui Podrecca con i suoi fedeli marionettisti Gorno, Dall’Acqua, Braga e Santoro, i cantanti Serangeli, Quaglia e Zani, i tecnici e 1.200 marionette rientrarono finalmente in suolo italiano dopo quattordici anni di America, anni in cui Walt Disney aveva parlato di magia a loro proposito, Charlie Chaplin di genialità, e Toscanini di fenomeno unico nella storia dell’arte teatrale. Il rientro, tanto agognato da Podrecca, gli riservò nuovi trionfi ed un plauso unanime della critica. Silvio D’Amico, dai microfoni della Rai gli rende lode sottolineando e riconfermando l’entusiasmo del pubblico italiano di fronte al grande ritorno di un Podrecca, intatto nella sua autenticità. Il rinnovato successo italiano basta economicamente a tirare avanti alla giornata e Podrecca, se da un lato non è più giovane e neanche troppo in forma fisicamente, ha però imparato in America l’importanza delle public relations. Apre casa e studio a Roma, cambia il nome della compagnia in “I Piccoli di Podrecca da Roma” e seppure a malincuore affida la gestione quotidiana della compagnia a Carlo Farinelli, mantenendo il ruolo di direttore generale e responsabile artistico. I suoi settant’anni si fanno sentire e segue le vicende della compagnia senza spostarsi da Roma. Intanto, a Genova i Piccoli girano da protagonisti due cortometraggi a colori, Circo e Music Hall, che saranno premiati alla mostra cinematografica di Venezia del 52. Podrecca guida personalmente la compagnia nelle due recite straordinarie al teatro Ristori di Cividale, sua città natale ove, oltre al brivido degli applausi che salgono da una platea “con qualcosa in più”, ritrova tra la sua gente, le radici e i ricordi dell’anima. E’ il boom del cinema e la televisione è alle porte, ma nulla cambia nel percorso dei Piccoli, nel loro antico e faticoso artigianato teatrale applicato al talento, alla cultura e al senso dello spettacolo. Podrecca affitta in Piazza S. Anastasia a Roma l’ex granaio di un convento che egli stesso definisce “la casa dei sogni” e qui lavora con tutti i suoi marionettisti che mettono a punto la tecnica dei due fili, perfezionando le storiche marionette, opera di Torello Agnolesi. La compagnia riprende la tournèe anche in Europa, e nel ‘54 festeggia i suoi 40 anni di attività al Teatro Italia di Roma, occasione in cui il “Gruppo parlamentare dello spettacolo” definisce Podrecca “educatore e portatore d’italianità” mentre la televisione e il “Radiocorriere” si occupano ampiamente dell’evento. Ciò nonostante, i problemi economici si fanno più seri, le alte spese che la compagnia affronta negli spostamenti sono diventate un problema, ma Podrecca ha un’altra idea: una nuova compagnia. Non un doppione della prima, quasi un ritorno all’origine e il Nucleo, così lo chiamerà Podrecca, debutta nel ‘56 alla Piccola Scala di Milano con El Retablo di Manuel De Falla. Eugenio Montale, allora critico musicale per il “Corriere d’informazione”, scriverà non solo che è stata la migliore rappresentazione dell’anno, ma che difficilmente in futuro si potrà rivedere un siffatto insieme di artisti capaci di un’opera in cui suoni, parole e colori si confondono. Nel ‘58 arriva l’invito per il XX Festival della Musica Contemporanea nell’ambito della Biennale di Venezia: il Nucleo si mette subito al lavoro intendendo presentare oltre alle già collaudate Visioni Sinfoniche, la Genoveffa di Brabante di Erik Satie. Al Congresso internazionale delle Marionette Podrecca viene eletto presidente insieme con Sergiei Obrazov, il celebre marionettista russo, ma nel ‘59 invidia e dissapori vengono fuori proprio contro Podrecca. A 76 anni, stanco e malato, scrive una lettera con in calce una nota, “…questa lettera non voglio che sia un testamento bensì le mie volontà attuali”, e ribadisce che la 1° Compagnia, quella madre deve lavorare in tournée transcortina e transoceano come feci io per tanti anni, mentre la 2° deve lavorare sei mesi in tournée per mantenere se stessa e sei mesi in laboratorio. La polemica tra le due compagnie si inasprisce, riducendosi ad una diatriba economica. Farinelli firma un contratto con l’Etoile di Parigi proprio nello stesso periodo in cui il Nucleo aveva previsto un debutto all’Opera di Lione: una vera sfida, una plateale concorrenza. Il successo tiepido riscosso dalla Compagnia originaria non giunse inaspettato a Podrecca che rispose alle critiche difendendo il lavoro di una vita. Non basta: la Compagnia madre si ammutina e minaccia l’abbandono della tournèe a meno che il Nucleo non si sciolga. Proprio in questo momento difficile, Podrecca firma il contratto per una tournée in Russia, la prima per una compagnia italiana. Richiama tutti i vecchi a Ginevra per una riunione preparatoria alla tournée. Il 2 giugno, a Ginevra, quando gli antichi compagni della Compagnia madre sono tutti riuniti, Podrecca ha un malore: ricoverato in clinica, viene operato d’urgenza ma la situazione è disperata. Podrecca si spegne a Ginevra il 5 luglio 1959. Al suo capezzale ci sono tutti i vecchi marionettisti che egli stesso aveva scelto per la tournée russa e i collaboratori che lo avevano accompagnato nel percorso dei Piccoli. Il giorno successivo, secondo le sue volontà, la moglie Lia, alla guida dei Piccoli, è in Teatro e un altro sipario si alza per lasciar vivere le marionette di Podrecca. Qualche settimana dopo, il gruppo da lui scelto parte alla volta dell’Unione Sovietica, varcando, primo teatro italiano, la “cortina di ferro”. E’ un altro successo che dura per mesi fino al 14 ottobre, giorno in cui i piccoli commemorano Vittorio Podrecca al Valle di Roma. Scrisse Orio Vergani:”..sopravvive così uno spirito gentile, un’anima affettuosa, un artista per il quale fu avanzata dagli stranieri stessi la proposta del Nobel per la pace, di cui le antiche musiche e le antiche favole sembrano ancora il simbolo migliore…” La compagnia guidata da Lia Podrecca continua il suo lavoro e le sue tournées, ma le difficoltà finanziarie sono sempre più ingenti nonostante le platee piene e i successi. Una parte della compagnia si scioglie e le marionette e l’attrezzatura scenica finiscono silenti in un vecchio magazzino. Ancora una volta, non lo Stato, ma la Regione Friuli-Venezia Giulia, sollecitata da alcuni esponenti del Teatro Stabile della stessa regione, stanzia sessanta milioni di lire per il recupero del materiale e la rinascita dei Piccoli. Nel maggio 1979, il Teatro stabile del Friuli-Venezia Giulia rileva tutto il materiale superstite dei Piccoli e ricostituisce il gruppo di marionettisti che fino all’ultimo avevano lavorato con Podrecca: Giannina Donati, Sivio Vanelli, Etelvoldo Cagnoli, Edgarda Salici Previato, Contrando Picchi, Caterina e Antonio Quaglia, Renata e Claudio del Papa, Valy Salata, Ugo Gambarutti, Fausto Braga. Il 5 luglio, nel ventesimo anniversario della morte di Podrecca il gruppo mette in scena al Teatro di Cividale, un primo spettacolo di varietà con L’orchestra viennese, Pierino e il lupo, La morte del cigno, Bil Bol Bul, Serafina, La corrida, Tarantella napoletana ed altri. Il lavoro portato avanti dallo Stabile, fin dal 1979 si è sempre basato sul recupero attento della tradizione iniziale. Sia per quanto riguarda il materiale, le marionette, i costumi e le scene, sia nel riutilizzo di spartiti originali, sia nello scritturare in veste di artisti e insegnanti i marionettisti che avevano vissuto la grande stagione del Teatro dei Piccoli e rispettando nei nuovi allestimenti l’idea originaria di “marionette fatte di magia, fili e musica”. Sono nati nuovi spettacoli, da Pinocchio…così, tratto dal romanzo di Collodi, a Il mondo della luna, scritto da Goldoni proprio per il teatro di marionette del principe Nicolaus Esterhaz e musicato da Haydn; da L’amore delle tre melarance di Carlo Gozzi, all’ Arcadia in Brenta di Goldoni su musiche di Galuppi, quest’ultima rappresentata con la partecipazione del Coro di voci bianche della città di Trieste. E ancora Il Re Ubu di Alfred Jarry, in coproduzione con lo Stabile di Torino, e Il viaggio incantato scritto da Furio Bordon, con il contributo musicale di Angelo Branduardi. Varietà, sequenza di irresistibili parodie fra teatro di figura, musical, cabaret e teatrodanza con il celeberrimo concerto de Il pianista Piccolowski (parodia dell’altrettanto celebre virtuoso polacco Paderewsky) e de La grande artista lirica Sinforosa Strangoloni, e poi Il Violinista, L’orchestra viennese, La banda d’Affori. La morte del cigno… è rimasto lo spettacolo più richiesto e più rappresentato dalla medesima compagnia nel corso del Novecento, spettacolo che ha inaugurato il prestigioso Haifa International Theater Festival for Children and Youth in Israele. Le marionette, come strumenti musicali suonati da marionettisti, attraverso una leggerezza fatta di armonia, ritmo e meccanicità, svelatesi nella loro potenzialità umoristica capace di mettere a nudo il mondo umano con infantile ironia, continuano ad animarsi e a rianimare dopo la scomparsa di Podrecca, sopravvivendo nel tempo ai mutamenti del gusto e dei modi di fruizione, quali testimoni della cultura di un intero secolo.