Teatro

Lucera (FG):Teatro Garibaldi, il 4/3 riaprirà ufficialmente

Lucera (FG):Teatro Garibaldi, il 4/3  riaprirà ufficialmente

L'architetto Gerardo Milillo potrebbe essere considerato una vera memoria storica del Teatro Garibaldi di Lucera, almeno degli ultimi 26 anni, quelli in cui è stato intrapreso il lungo percorso che ha portato alla rinascita e alla riapertura del Teatro. Quando nel 1977 il Commissario Prefettizio D'Agostino intuì nell'allora fatiscente Teatro una potenziale occasione di crescita culturale locale, fu incaricato di una consulenza l’architetto Mauro Civita, ordinario di restauro architettonico presso la Facoltà di Architettura del Politecnico di Bari, di cui l'architetto Milillo era già stretto collaboratore. Fu allora che cominciò questa lunga avventura? Nel gennaio del 1978 la relazione tecnica, della quale condivisi l’approccio al progetto e la sua esecutività, fu consegnata con apprezzamenti e convincimenti, tanto da trasformarsi in incarico di progettazione nel giugno del 1980 con un primo impegno di spesa da parte della Regione Puglia. Tuttavia è nel 1981 che partì il tormentato iter esecutivo che si è protratto sino ad oggi. Da questo momento in poi si sono sommate una quantità infinita di Amministrazioni e lentezze burocratiche snervanti. Quando si cominciò a realizzare qualcosa di concreto? Nel 1983 si cominciò finalmente a parlare di gara d’appalto. La storia del progetto ha comportato, sino alla conclusione, una notevolissima produzione cartacea: oltre 600 disegni, più di 400 pagine di corrispondenza, oltre 2000 pagine di scritti, oltre 15 tra consulenti e specialisti. Tutti aspetti necessari perché l’importanza della conoscenza storica di un edificio risulta un valido contributo per la realizzazione di un progetto di restauro. I tempi moderni, infatti, sono stati irriverenti nei confronti di chi con tanto sacrificio ha riconosciuto il valore sociale di questi edifici, definiti da sempre ‘cattedrali laiche’, dimenticando questo vero gioiello che è il Garibaldi, abbandonandolo per tanti anni, tant'è vero che ci sono molti cittadini che addirittura non sono a conoscenza dell’esistenza del Teatro. Perché si restaura, architetto, e che cosa si intende con questa parola che forse è un po’ inflazionata? La definizione di restauro, adottata diffusamente e senza distinzione di sorta, per indicare iniziative che hanno un qualche rapporto con la preesistenza, simulano operazioni che invece non hanno nulla a che vedere con la conservazione di un bene da tutelare. Il fine di un progetto di restauro è la conservazione di un Bene che per le sue caratteristiche storiche, artistiche e di testimonianza lo rendono un oggetto che ci ricorda qualcosa, stratificato nella memoria della collettività. Viste le condizioni disastrose in cui l'avete trovato, quanto avete potuto recuperare in relazione alle cose esistenti? Il restauro ha portato a riutilizzare tutto quanto era possibile dalle maniglie delle porte dei palchi alle porte stesse, ed a riproporre gli stessi colori utilizzati dopo la ristrutturazione del Messeni, risalendo ad essi attraverso una puntuale diagnosi con l’individuazione degli strati originali. Ciò può aver prodotto, in alcuni casi, risultati non condivisi da chi li vede oggi, tuttavia le operazioni conclusive dei lavori sono risultate complicatissime e pressoché completate. Sarà integrata a breve solo una piccola parte in cui è previsto il restauro di alcuni elementi di arredo dell’epoca da inserire come elementi museali nel contesto del Teatro restaurato, e alcune opere di completamento esterno. Quali sono state le sue impressioni e i suoi coinvolgimenti personali in una tale opera? Analizzando la lunga avventura del Teatro Garibaldi due sono le impressioni che si evidenziano rispetto alle altre. La prima è la straordinaria e positiva gestione dell’ultimo appalto con imprese di ottimo livello sia per quanto ha riguardato le opere edili, di restauro e decorative, sia per tutto quanto ha interessato l’arredo e le attrezzature di scena, nonché la presa di posizione sicura e volenterosa del sindaco Giuseppe Labbate, che con geniale operatività e concretezza ci ha supportati nel completamento dell’opera. Inoltre, è stata impressionante anche la capacità organizzativa e gestionale delle diverse competenze professionali, la lucida suddivisione dei compiti, il preciso possesso dei tempi, il controllo quotidiano da parte della direzione dei lavori. Su ogni problema si era sempre pronti alla soluzione nelle problematiche contingenti e imprevedibili, come vuole la tradizione del restauro, nell’assiduo e volenteroso rapporto tra struttura, decorazione, impianti e sicurezza. La seconda impressione è la gestione culturale del restauro tanto complessa da proporre quanto difficile da far apprendere, compito assai ingrato da parte di quel ristretto numero di professionisti competenti che dedicano tutto il loro impegno a favore della conservazione di beni monumentali di tale spessore storico e culturale. Questa posizione ideale era racchiusa nel progetto redatto dal Professor Mauro Civita coerentemente portate a compimento sino alla sua scomparsa, coinvolgendo emotivamente come era nel suo stile, anche chi come me gli è stato vicino per moltissimi anni, seguendo interamente anche le vicende di quest’opera. Al momento della sua scomparsa il Professor Civita ci ha lasciato nelle opere di completamento una eredità impegnativa che io ed l’ingegnere Renato Follieri abbiamo portato a compimento secondo le linee da lui tracciate. Questo è un grande regalo per Lucera, la sua storia e i suoi cittadini. L’enorme impegno profuso per quest’opera è indirizzato prima di ogni cosa alla città di Lucera e nello specifico a chi è l’erede naturale, ovvero la cittadinanza che ha ora il compito di difendere un’opera d’arte che contribuirà alla crescita culturale ed al rafforzamento della identità dei cittadini già ricchi di Beni monumentali e di cui devono essere sempre orgogliosi.