Teatro

Morto il regista Lattuada, domani i funerali

Morto il regista Lattuada, domani i funerali

Ha fatto a tempo a inaugurare il rifacimento del suo Mulino del Po, quello chalet sulle rive del fiume che aveva fatto da sfondo al suo film omonimo, tratto dal romanzo di Baccelli. Distrutto dall’incuria e da ansie modernizzatici senza memoria, e poi risorto e trasformato in parco. E lui era andato, solo poche settimane fa. Un’occasione per ricordare la sua infanzia di lombardo nato nel 1914, anche se pellicola e romanzo erano ambientati nell’Ottocento. Oggi, prima domenica di luglio, Alberto Lattuada ha detto addio al mondo. Il regista è morto nella sua casa di campagna nei pressi di Roma. I funerali si svolgeranno martedì a Roma nella chiesa degli Artisti di Piazza del Popolo. Prima di esordire come regista, Lattuada aveva studiato architettura e collaborato con diverse riviste scrivendo articoli sul cinema e sulla pittura. Il suo primo occhio nell’obiettivo era stato attraverso una macchina fotografica, scatti poi raccolti nel libro “L'occhio quadrato”. Un collezionismo dell’immagine poi dedicato nelle miriadi di rassegne cinematografiche e nella Cineteca italiana. Gli esordi cinematografici furono come assistente di Mario Soldati ( Piccolo mondo antico, 1941) e di Poggioli ( "Sissignora",1941) ma la prima regia è del 1943 con “Giacomo l'idealista” a cui segue nel 1945 “La freccia nel fianco”. Questi primi due film (entrambi tratti da opere letterarie: il primo da Emilio De Marchi, il secondo da Luciano Zuccoli) sono dei raffinati esercizi di stile la cui ricercatezza formale testimonia la profonda cultura cinematografica di Lattuada. Nel 1946, con “Il bandito” arriva il neorealismo. Lattuada vuole raccontare la realtà del dopoguerra raccontando il ritorno a casa di un reduce che, avendo perso beni e affetti, si trova invischiato nel giro della malavita e diventa il capo di una banda di delinquenti. “Il Mulino del Po” è del 1949. Un film che descrive le lotte sociali e le ingiustizie patite dai contadini delle campagne padane. Gli anni 50 si aprono con “Luci del varietà” (1950) diretto insieme a Federico Fellini. Tra i titoli più importanti di questi anni vanno ricordati “Il cappotto” (1952) e “La spiaggia” (1953) in cui fa centro sull'ipocrisia di una società perbenista e bigotta. Poi i suoi lavori si tingono di melò con “Guendalina” (1957) tenero ritratto di quindicenne con cui Lattuada indaga il mondo adolescenziale tra malinconia e romanticismo. Negli anni 60 oltre ai consueti adattamenti letterari portati sullo schermo con impeccabile cura visiva ( “'La steppa” 1962) Lattuada affronta con disinvoltura generi diversi: il giallo (“'L'imprevisto” 1961 e “Il mafioso” 1962) la commedia ( “Don Giovanni in Sicilia” tratto dal libro di Brancati, 1967) il film di guerra ( “Fraulein Doktor” 1969). Nella stagione dell’impegno dei primi anni 70 c’è “Venga a prendere il caffè da noi”(1970) “Sono stato io” (1973)”'Le farò da padre” (1974).. Negli anni 80 torna con alcuni sceneggiati per la televisione tra cui “Cristoforo Colombo” andato in onda sulla Rai nel 1985. Si terranno domani a Roma nella chiesa degli Artisti di Piazza del Popolo i funerali del regista Alberto Lattuada, morto ieri nella sua casa di campagna. Aveva 91 anni ed e' stato considerato fra i maestri del cinema italiano. Tra i film firmati da Lattuada, "Venga a prendere il caffe' da noi" con Ugo Tognazzi, "Oh Serafina", "Una spina nel cuore". Le esequie alle 10.30.