A un anno dalla scomparsa di Goffredo Petrassi, e a cent’anni dalla sua nascita, il Teatro dell’Opera rende omaggio al Maestro romano più amato. Goffredo Petrassi, nato a Zagarolo nel 1904 e morto a Roma nel marzo 2003, si affermò rapidamente come una delle intelligenze musicali più lucide e coscienti della sua generazione. Le sue partiture rivelano una marcata attenzione agli sviluppi musicali della produzione europea. Sulla scia di Malipiero e Casella, Petrassi recupera e fa rivivere la tradizione vocale e strumentale italiana fino ad arrivare negli ultimi anni a portare una liberazione della materia sonora. Cordovano, andato in scena per la prima volta nel maggio del 1949, opera in un atto su teso di Miguel de Cervantes Saavedra, tradotto in Italiano da Eugenio Montale, è tra le opere più complesse e significative del musicista romano, ricca di allusività e di intuizioni psicologiche musicalmente realizzate. L’opera segue l’intreccio dell’intermezzo intitolato Il vecchio geloso di Cervantes: Lorenza, incitata dalla nipote Cristina a soddisfare quei desideri che il marito Cannizares ignora, accetta i servigi della ruffiana Hortigosa la quale introduce nella casa un giovane, nascosto in un grande tappeto arrotolato (un tappeto “cordovano”). Mentre il vecchio osserva il tappeto, il giovane, sgusciato nella stanza di Lorenza, compie l’impresa amorosa con gioia di Lorenza che stornella a gran voce la sua soddisfazione. Insospettito, il vecchio cerca di entrare nella stanza; Lorenza lo accoglie gettandogli in faccia un catino d’acqua e accecandolo: in questo modo permette al giovane di battersela. Al chiasso accorre una guardia, musicisti e ballerini invitati da Hortigosa che celebrano con l’aria di festeggiare la rappacificazione degli sposi, il piccante connubio destinato a durare felicemente.
Figlio d’arte, Marcello Panni, divide i suoi sforzi tra la composizione, la direzione d’orchestra e la programmazione artistica. Ha seguito le lezioni di Franco Ferrara diplomandosi nel 1964 e perfezionandosi poi all’Accademia di Santa Cecilia sotto la guida del Maestro Petrassi. Porta avanti le carriere di compositore e direttore d’orchestra invitato dalle più importanti sedi musicali italiane. Il suo eclettismo musicale lo induce a dirigere e registrare, oltre alle opere del repertorio tradizionale anche titoli rari del XVIII e del XX secolo. Ha diretto molte volte Petrassi sia nel suo primo concerto alla Biennale che in occasione di altri annivarsari e in occasione della messa incomiuta per Lele D’Amico di cui Petrassi ha composto il Kyrie. Cordovano è un piccolo capolavoro d’opera, dice il Maestro Panni Petrassi non aveva più scritto opere dalla morte di Camus. C’è molto di francese, Petrassi come insegnante portava sempre come riferimento Ravel ,Debussy, ma anche Casella e Stravinskij, anche essi parigini.
Stefano Vizioli: il suo debutto come regista è avvenuto nel 1979 con L’impresario delle canarie di Domenico Sarro per il Festival dell’Opera di Barga. Ha messo in scena circa cinquanta spettacoli operistici, in Italia e all’estero per il Teatro dell’Opera di Roma, il Teatro alla Scala, il Teatro La Fenice, il Comunale di Firenze, il Comunale di Bologna, il Teatro Verdi di Trieste e il Teatro Massimo di Palermo. Ha collaborato con direttori quali Claudio Abbado, Riccardo Muti. E’ inoltre autore di programmi televisivi e radiofonici su tematiche attinenti al mondo dell’opera. Cordovano, dice il regista, è brillante, vivace, non ha una sua barriera cronologica, mantiene tutti i topoi del teatro, da Plauto a Strauss. Quanto a Cavalleria, Vizioli continua: ho scelto uno spazio libero con antiche rovine che alludono alla forte componente ancestrale della società siciliana in cui si muovono rituali arcaici. E’ una società matriarcale in cui la figura della donna colpevole viene esclusa e isolata e i personaggi vivono tutti attraverso un fatalismo che non lascia spazio alla violazione delle regole. Insomma, una Sicilia più remota, più classica, dura e pietrosa, antropologica.
Dice Gianni Dessì, autore delle scenografie per Il Cordovano: Ascoltando la musica di Petrassi, si ha la sensazione che il cardine di tutta la vicenda sia il vedere e il celare. Questo gioco drammatico io lo ho assunto perché trovo coincida con quello della pittura. Se c’è una cosa che la pittura rende possibile per eccellenza è il vedere. Che poi proprio un oggetto d’arte come un cordovano così vicino alla pittura, entrando in scena, mostrandosi, servisse a celare nel suo interno l’oggetto del desiderio, mi è sembrato essere il paradossale nodo drammaturgico su cui lavorare.
La prima rappresentazione di Cavalleria Rusticana di Pietro Mascagni avvenne a Roma al Teatro Costanzi nel 1890. Con questa opera, presto assunta a manifesto del Verismo musicale, Mascagni vinse il premio di un concorso bandito dall’editore Sonzogno; l’immediato, entusiastico successo lo portò di colpo alla fama. Nell’arco di appena un’ora e un quarto quest’opera offre una sintesi magistrale di effusione melodica e impeto drammatico. Nella prassi teatrale, Cavalleria rusticana è stata spesso abbinata a Pagliacci di Ruggero Leoncavallo fino a costituire la più popolare coppia del repertorio lirico mondiale. Le scene di questo allestimento sono tratte da un quadro di Renato Guttuso rielaborate da Maurizio Varano.
L’organo a canne del Teatro dell’opera di Roma restaurato in occasione di questa prima a cura dell’Associazione Roma per il Teatro dell’Opera di Roma e di Carlo Eleuteri è uno strumento particolare nella sua composizione fonica e venne allestito nel 1930 da Guido Buccolini. Alla sua realizzazione partecipò il Maestro Pietro Mascagni. Posto al lato destro del palcoscenico, si sviluppa per tutta la sua altezza, superiore ai 10 metri completamente racchiuso in una cassa espressiva. Lo strumento prese la sonorità tipica di un’espressione sacra, ovvero l’esatta distinzione convenzionale tra organo liturgico e organo da concerto. E’ stato suonato in rappresentazioni quali la Tosca di Puccini, La Favorita di Donizetti, La Forza del Dstino di Verdi, l’Organo di Bambù di Ennio Porrino. Maestro dell’organo Pietro Cangiano.
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