Ci uniamo al cordoglio di tutto il mondo, cattolico e non, per la scomparsa del Papa che veniva dall'est è che ha saputo dialogare con tutte le culture e religioni del pianeta.
Qui sotto riportiamo un articolo del 25 gennaio 2001 di Lia Romagno, tratto dal sito GrandiNotizie.it.
Quando Wojtyla recitava
Un Papa drammaturgo con la vocazione d'attore
Scorrendo la lista dei nomi che compaiono sotto la lettera W del Dizionario dello spettacolo del '900, edito da Baldini&Castoldi, si legge Wojtyla Karol (Wadowice 1920,2005), teologo e autore drammatico polacco.
Il fatto non stupirà quanti hanno una seppur sommaria conoscenza della biografia del Papa e, di conseguenza, conoscono i suoi trascorsi artistici. Attore, regista, autore nel libro autobiografico Dono e Mistero Giovanni Paolo II racconta in prima persona i suoi esordi teatrali: "Nel periodo del ginnasio - scrive - ero preso soprattutto dalla passione per la letteratura, in particolare per quella drammatica, e per il teatro. A quest'ultimo m'aveva iniziato Mieczyslaw Kotlarczyk, insegnante di lingua polacca…".
Durante l'occupazione tedesca della Polonia contribuì all'animazione del Teatr Rapsodiczny, il Teatro Rapsodico clandestino dell'Università Jagiellonica di Cracovia, che Kotlarczyk aveva fondato e dedicato al culto della "parola viva".
Karol Wojtyla - che si è spesso servito di pseudonimi per firmare le sue opere (Andrzej Jawien, Stanislaw A. Gruda, Piotr Jasien) scrive nel 1940 i drammi Giobbe e Geremia - pubblicati in Poesie e drammi nel 1980 - incentrati sulla ricerca del senso dei tragici avvenimenti storici che stavano interessando il Paese.
E' già sacerdote quando nel 1949 scrive Fratello di nostro Dio (pubblicata nel '79 e rappresentata nel 1988), ispirandosi alla vicenda di Adam Chmielowski, santificato nell'89. Il dramma, considerato la sua opera teatrale più importante, è dedicata al confronto tra il gesto estetico e l'azione etica.
Una delle sue commedie La bottega dell'orefice (pubblicata nel 1960, rappresentata nel 1979) è stata messa in scena nei teatri di tutto il mondo. L'autore la spiega come una "meditazione sul sacramento del matrimonio" in forma di dialogo-monologo.
Tra il '52 e il '61 il futuro Pontefice ha dedicato al teatro rapsodico quattro saggi critici, comparsi sul settimanale Tygodnik Powszechny sotto lo pseudonimo di Andrzej Jawien: vi si sottolinea il ruolo della parola come proto-elemento in un teatro che vede la fabula ridotta a semplice illustrazione di una problematica, e l'attore alla sua incarnazione.
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