Ha debuttato all'Eliseo "La gente vuole ridere", commedia scritta, diretta ed interpretata da Vincenzo Salemme. La pièce ironizza sul del reality show, sottolineando l'incanto del palcoscenico e della recitazione
"Noi siamo fatti della stessa materia dei sogni", diceva Prospero ne "La Tempesta". E allora, sottolinea Vincenzo Salemme, i teatri non dovrebbero mai chiudere in quanto luoghi dell'illusione, della fantasia, dell'immaginazione e della poesia.
Il messaggio è chiaro. L'artista partenopeo, contrario all'insolenza del reality show, ci tiene a sottolineare il valore poetico della recitazione, disciplina dotata delle maggiori potenzialità artistiche ed espressive. E lo fa a suo modo, con uno spettacolo teatrale al limite fra umorismo immediato, squisita ironia e comicità grottesca, che s'intitola "La gente vuole ridere", in scena all'Eliseo fino all'11 aprile.
Lo scenario si apre su un gruppo di attori - tendenzialmente esagerati, un po' sbruffoni e sgrammaticati quanto basta - residenti da due anni all'interno del teatro Nerofumo. È lì, infatti, che grazie alla benevolenza di una generosa contessa, proprietaria della struttura, hanno trovato ricovero dopo il terremoto. La donna, però, in cambio di vitto ed alloggio, chiede loro di "dargli la vita", di rappresentargli l'esistenza ventiquattrore su ventiquattro. Gli attori dovranno dimenticare la professione, per tornare ad essere loro stessi, ad uso e consumo di un pubblico guardone. E allora ben vengano le effusioni dei due coniugi Alfa e Beta, le discussioni della famme fatale con la rivale gelosa, gli sguardi indiscreti che si posano sull'attore chiuso in bagno. Eh già, perché secondo la nobile dama, solo questo genere di performance, frammenti di quotidianità aperti all'occhio curioso di tutti, salverà il teatro.
Tutto procede secondo il copione fino a quando arriva il funzionario del comune Rinaldo Moscini (un bravissimo Maurizio Casagrande) incaricato di trattare con la contessa per l'acquisto della struttura, destinata a diventare un parcheggio. La sua presenza diventa presto una sorta di specchio per i vari personaggi che, saltando fuori da ogni angolo del palcoscenico e della platea, scivolano sul palco a ritmo sostenuto: Romolo, il romano esuberante e sbruffone, la vecchietta imprigionata sotto le macerie, la ballerina russa che si blocca, la checca "Cinellino", lo psicopatico che ha perso la moglie liquefattasi a causa di una dieta sbagliata. Ma fra un'inverosimile spettacolo di magia e la declamazione di un'improbabile poesia, il funzionario arriva ad un'amara conclusione: "È meglio fare un parcheggio! Tutte queste poltrone di velluto, la polvere...che tristezza! Faccio bene io che non ci sono mai andato a teatro!".
Briosa e divertente, la pièce valorizza il potere espressivo del teatro in aperto contrasto con la crescita esponenziale del reality show. Ma il gran parlare in questi ultimi tempi di format televisivi come "Grande Fratello", "La Talpa" e "L'isola dei famosi" non tragga in inganno: la pièce scritta e diretta dal comico partenopeo risale al 1993, anche se rivisitata e corretta per la nuova edizione.
In questo lavoro dove il confine fra realtà e finzione scenica si intrecciano e si confondono, è certamente adatto a tutta quella "gente che vuole ridere", ma che vede nella serata a teatro anche la possibilità di riflettere su tematiche interessanti, grazie ad un lavoro di introspezione sapiente e consapevole che Salemme, vera anima e motore del meccanismo scenico, è capace di fare. Il tutto, ovviamente, sempre con il sorriso sulle labbra.
Il messaggio è chiaro. L'artista partenopeo, contrario all'insolenza del reality show, ci tiene a sottolineare il valore poetico della recitazione, disciplina dotata delle maggiori potenzialità artistiche ed espressive. E lo fa a suo modo, con uno spettacolo teatrale al limite fra umorismo immediato, squisita ironia e comicità grottesca, che s'intitola "La gente vuole ridere", in scena all'Eliseo fino all'11 aprile.
Lo scenario si apre su un gruppo di attori - tendenzialmente esagerati, un po' sbruffoni e sgrammaticati quanto basta - residenti da due anni all'interno del teatro Nerofumo. È lì, infatti, che grazie alla benevolenza di una generosa contessa, proprietaria della struttura, hanno trovato ricovero dopo il terremoto. La donna, però, in cambio di vitto ed alloggio, chiede loro di "dargli la vita", di rappresentargli l'esistenza ventiquattrore su ventiquattro. Gli attori dovranno dimenticare la professione, per tornare ad essere loro stessi, ad uso e consumo di un pubblico guardone. E allora ben vengano le effusioni dei due coniugi Alfa e Beta, le discussioni della famme fatale con la rivale gelosa, gli sguardi indiscreti che si posano sull'attore chiuso in bagno. Eh già, perché secondo la nobile dama, solo questo genere di performance, frammenti di quotidianità aperti all'occhio curioso di tutti, salverà il teatro.
Tutto procede secondo il copione fino a quando arriva il funzionario del comune Rinaldo Moscini (un bravissimo Maurizio Casagrande) incaricato di trattare con la contessa per l'acquisto della struttura, destinata a diventare un parcheggio. La sua presenza diventa presto una sorta di specchio per i vari personaggi che, saltando fuori da ogni angolo del palcoscenico e della platea, scivolano sul palco a ritmo sostenuto: Romolo, il romano esuberante e sbruffone, la vecchietta imprigionata sotto le macerie, la ballerina russa che si blocca, la checca "Cinellino", lo psicopatico che ha perso la moglie liquefattasi a causa di una dieta sbagliata. Ma fra un'inverosimile spettacolo di magia e la declamazione di un'improbabile poesia, il funzionario arriva ad un'amara conclusione: "È meglio fare un parcheggio! Tutte queste poltrone di velluto, la polvere...che tristezza! Faccio bene io che non ci sono mai andato a teatro!".
Briosa e divertente, la pièce valorizza il potere espressivo del teatro in aperto contrasto con la crescita esponenziale del reality show. Ma il gran parlare in questi ultimi tempi di format televisivi come "Grande Fratello", "La Talpa" e "L'isola dei famosi" non tragga in inganno: la pièce scritta e diretta dal comico partenopeo risale al 1993, anche se rivisitata e corretta per la nuova edizione.
In questo lavoro dove il confine fra realtà e finzione scenica si intrecciano e si confondono, è certamente adatto a tutta quella "gente che vuole ridere", ma che vede nella serata a teatro anche la possibilità di riflettere su tematiche interessanti, grazie ad un lavoro di introspezione sapiente e consapevole che Salemme, vera anima e motore del meccanismo scenico, è capace di fare. Il tutto, ovviamente, sempre con il sorriso sulle labbra.