Sembra che l’epoca del cinema si stia avvicinando inesorabilmente al capolinea e la magia della sala stia lentamente perdendo i suoi poteri. Quella stessa magia che, nel 1895, aveva fatto scappare gli spettatori dalla sala, terrorizzati dalla proiezione di un film dei fratelli Lumière, in cui un treno che viaggiava verso la cinepresa sembrava voler sfondare lo schermo. Ne sono cambiate di cose nell’ultimo secolo: oggi la qualità tecnica dei film è perfetta, tramite l’uso del computer è possibile riprodurre qualsiasi tipo di suono o d’immagine, i multiplex sono attrezzatissimi, dotati di sale comode, di bar, negozi e molto altro ancora. Eppure qualcosa non funziona: in tutta Europa, negli Stati Uniti e nel resto del mondo, l’industria cinematografica sta subendo un arresto. In Italia spettatori e incassi precipitano rispettivamente del 18,05 e del 17,84 per cento, una media che rispecchia a grandi linee quella dei primi cinque mesi del 2005, escluso marzo che, grazie al fenomeno “Manuale d’Amore” (14 milioni di euro incassati), è l’unico mese ad avere il segno più (+11,8 per cento). Abbiamo parlato di questa crisi con Carlo Verdone che, con il film di Giovanni Veronesi, ha vinto il “Ciak d’Oro” come “Miglior Attore Protagonista” e il David come “Miglior Attore Non Protagonista”
Parliamo della crisi del cinema in Italia e nel mondo. Quali ritiene che siano le cause?
E’ difficile individuare le cause: le cause sono tante, non è mai una sola. Credo che Internet e la televisione satellitare abbiano dato un colpo da novanta all’industria cinematografica. Internet perché è anche uno strumento di pirateria se usato male, la televisione digitale ci permette di avere in Italia ogni giorno quattrocento, cinquecento film. Inoltre è stata un’annata povera di film, di buoni film: eccezione fatta per i soliti film natalizi che fanno sempre i loro incassi e per “Manuale d’amore”. Distrazione, impoverimento della gente, non attrazione dei titoli: è un insieme di cose. Certamente più si va avanti è più è difficile scrivere delle storie per il cinema ma questo non solo per noi. Ormai gli americani i grossi incassi li fanno con dei film che sembrano dei giochi della play station. Sono anche in un momento depressivo: sono stato adesso a New York portando con molto successo “L’amore è eterno finché dura” però c’è una depressione palpabile tra le persone e tra gli addetti al lavoro. Sono pronti a comprare dei remake europei: com’è possibile che una grande nazione, patria dei grandi sceneggiatori, si trovi alla ricerca disperata di soggetti? Non è soltanto l’undici settembre ma anche lo strascico di questa guerra, la crisi economica, la paura della Cina: tutto questo ha portato la creatività in uno stato depressivo. Il paese trainante non tira più fuori il film con la bella idea, ti spara i filmoni che sono perfetti tecnicamente, che però sembrano veramente dei videogiochi: Alexander, Batman, Spiderman… ma che cosa sono?
Secondo lei è anche un fenomeno sociale e generazionale? Prima i giovani andavano spesso al cinema e adesso cosa è successo?
Ormai quando hai questa roba qua (indica un televisore al plasma con lettore dvd) tendi a fare il cinema dentro casa: gli schermi al plasma, le casse sonore perfette ecc. Il punto d’aggregazione non è più la sala ma rischia di diventare la casa; non è la stessa cosa ma è lo stare insieme agli amici e se lo schermo e il sonoro sono buoni perché andare al cinema? Questo è un male perché il cinema nasce come fenomeno d’emozione collettiva: in una casa con un telefono che ti squilla, uno che ti passa davanti, uno che ti chiama… non è la stessa cosa. Noi possiamo soltanto cercare di fare il massimo attraverso dei buoni prodotti, soltanto questo, al resto ci devono pensare gli addetti, i governi e l’America. Vanno controllati questi server tremendi che ti fanno scaricare i film 24 ore dopo che sono usciti e spesso anche lo stesso giorno: mi sono battuto tantissimo per la pirateria ma non c’è niente da fare perché è un’organizzazione enorme, immensa, è una multi-nazionale. C’è una legge secondo la quale l’acquirente deve essere multato e anche arrestato; non è stata fatta una sola contravvenzione! Questo fa sì che la gente non ne capisca la gravità. Il ragionamento è questo: “ma quelli c’hanno i miliardi, noi non c’abbiamo una lira, c’è internet, me lo posso scaricà così, ma che me frega a me!” Sì, dal punto di vista di uno che non ha una lira lo posso anche capire però sono le istituzioni che dovrebbero mettere dei controlli. Oggi non si riesce a combattere la pedofilia… la gente non ha paura di niente, non gliene frega assolutamente niente… come si fa a combattere la pirateria in una situazione del genere?
Crede si tratti di una crisi passeggera o di un crollo definitivo come quello del teatro?
Il teatro purtroppo è vecchio: mancano nuovi autori. Andare a vedere l’ennesimo Goldoni, l’ennesimo Brecht, l’ennesimo Shakespeare: è tutto quanto rivoltato, rivisto, ricorretto, reinterpretato… Il giovane vuole qualcosa di nuovo e purtroppo questo è il grande guaio del teatro. Il cinema è un po’ troppo superficiale su certe cose: per esempio al primo comico che ottiene tanto share in un programma televisivo gli si fa fare un film, sperando che faccia lo stesso incasso al cinema. Con questo non si otterrà mai la qualità: sono soluzioni furbe con le quali si spera, in questa roulette, di puntare su un numero e azzeccare…
Con “Manuale d’Amore” ha azzeccato!
In “Manuale d’Amore” ci sono stati un paio di episodi: quello di Muccino e quello mio hanno fatto la differenza, il film si apriva e si chiudeva bene, poi all’interno ha funzionato tutto anche se forse qualcosa si poteva far meglio. Ero molto concentrato perché non avevo nessun’intenzione di rovinarlo: quando chiudi un film ad episodi devi dare il massimo perché se l’ultimo episodio non funziona la gente avrà un brutto ricordo. L’ho preso con molta serietà pur divertendomi e facendolo con molta leggerezza: forse questa leggerezza mi ha portato a recitare particolarmente bene, tanto da avere premi che mi hanno gratificato ma francamente anche un po’ stupito.
In quell’occasione ha incontrato Silvio Muccino?
C’eravamo già conosciuti a casa di Veronesi, c’eravamo visti a Taormina quando io presi un “Nastro d’argento” alla carriera e lui era lì con il film del fratello. Ricordo che mi fece simpatia una sera che fui invitato ad un Rotari al quale avevo promesso di andare, feci divertire la platea attraverso il racconto di aneddoti e di ricordi d’inizio carriera e tra il pubblico c’era Muccino, l’ultima persona che mi potevo aspettare in un posto del genere! Lui, così “nike, t-shirt, braccialetto giallo, i-pod”! Da lì è nata una simpatia e una stima reciproca: lo ritengo molto bravo, è un ragazzo che con il tempo finirà per fare il regista come il fratello, perché ha profondità e maturità anche nella scrittura. Quando stavo lavorando a un progetto tra un uomo maturo ed un giovane, e pensavo ad un soggetto che riguardasse un padre ed un figlio, chiesi a De Laurentis: “Ma Muccino?” Muccino ci stava però oggi una storia tra un padre e un figlio sarebbe molto dolente. Non siamo più nell’epoca di “Un viaggio con papà”, è cambiato tutto: oggi verrebbe fuori un film che farebbe emergere dei problemi che riguardano il padre e il figlio, che riguardano la famiglia, che riguardano la difficoltà di dialogo tra i due. Abbiamo pensato di fare lo scontro generazionale tra un uomo che ha un lavoro importante e un ragazzo che si vendica del licenziamento della madre.
Iniziamo il film con un conflitto molto forte per poi cambiare lentamente rotta, perché i due poi si ritroveranno nella palude del disastro, io per un motivo lui per un altro. E’ un film molto faticoso da scrivere ma ha tutte le possibilità sia di scaturire la risata sia di creare momenti intimi, malinconici, poetici.
Quando lo vedremo?
Molto realisticamente dico a febbraio, non ce la faremo prima. Le riprese iniziano o a metà settembre o i primi d’ottobre quando finirò di dirigere il Festival di Siena.
Di Francesca Rosati
Teatro