Ambientato nella Russia zarista, Il Cappotto racconta, tra realismo e ironia, la vicenda umana del piccolo funzionario Akàkij Akàkievic Bašmackin che vive serenamente della propria anonima attività di copista, sino al momento in cui, costretto dalle convenzioni sociali e dall'arbitrio degli arroganti più che dal freddo dell'inverno, acquista un nuovo cappotto, per sostituire il vecchio, troppo liso per essere presentabile. L'arrivo del nuovo indumento, comprato dal sarto Petròvic risparmiando fino all'ultimo centesimo, è per lui un evento importante, che sembra fargli guadagnare il rispetto di colleghi e superiori, finché non gli viene rubato. Inizia così la sua agonia, in una vana ricerca di giustizia …
Rispettando in larga parte la trama e firmando totalmente i dialoghi, assai scarsi nel testo originale, Franceschi ci consegna la storia di un innocente, o per meglio dire di un uomo semplice colpito da uno speciale accanimento del destino. Secondo l'autore e protagonista, è la storia della maggioranza degli esseri umani, dei "copisti della vita" i quali mandano avanti il mondo pur subendone le violenze e gli insulti, e ripetendone all'infinito le parole e gli usi, i sentimenti e i desideri, i sogni e i naufragi. Quindi si parla di noi … E sarebbe stato un grave errore trasferire la storia di Akàkij ai giorni nostri, come spesso si usa fare con i classici. Non ce n'è bisogno. Siamo tutti vecchi pietroburghesi. Di quella città conosciamo a fondo gli angoli delle strade, i volti dei passanti, le voci, i rumori e gli odori, perché sono gli stessi di Milano e Torino, di Bologna e Genova, di Roma e Napoli e di tutte le città italiane di oggi e di sempre. La marmaglia rapace dei presuntuosi, dei vili, delle mezze calzette, dei barattieri e dei prepotenti cammina e traffica al nostro fianco, come camminava al fianco di Akàkij Akàkievic Bašmackin a tempi dello Zar Nicola I.
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Regia:
Alessandro D'Alatri
Autore:
Vittorio Franceschi da Gogol'