Non prendetelo troppo sottogamba. “Cambia la vita con un click” di Frank Coraci, con Adam Sandler e Kate Backinsale non è il solito filmettino americano di serie B (come Buono per gli adolescenti).
Quando si dice il caso…a partire dal nome del regista (e anche dalle iniziali: fateci caso!), è un rifacimento de “La vita è meravigliosa”, di Frank Capra, con il mitico James Stewart che si voleva suicidare la vigilia di Natale, ed incontrava l’angelo di terza categoria…
Sono passati più di cinquant’anni e la favola che ha fatto sentire più buone almeno tre generazioni di cinefili ritorna. Con le “correzioni” d’obbligo, ovviamente. A cominciare da Adam Sandler, sputato fuori dal Saturday Night Live, architetto stressantissimo che s’abboffa di junk food (merendine/patatine&affini), trascura una moglie incantevole e due figlioletti più che decorosi, ha un cane pasticcione che copula a raffica con un coniglio di pelouche (gag sublime) e lavora per un capo volgarissimo e che sembra la caricatura di un bonazzone di Beautiful, e non ce la fa più.
Al punto che, quando, finito negli antri di un misterioso grande magazzino, alla ricerca di un telecomando universale, s’imbatte in Christpher Walken iperricciuto e stropicciato, geniale nei panni di entità sulfurea, accetta il dono “avvelenato” di un telecomando che gli cambierà la vita. Infatti con un click può congelare un momento che lo fa soffrire (la lite con la moglie, ad esempio) o che, semplicemente, gli pesa (la cena con i genitori, nonostante il padre sia il redivivo Henry-Fonzie-Winkler nei panni adorabili di uno stonato ex.yuppie), con un click può “andare avanti” di mesi, di anni addirittura.
Proteso, da buon americano medio, alla conquista della promozione a partner del mega studio in cui lavora, usa ed abusa del telecomando. Perdendosi, così, fette sempre più cospicue della propria vita. Risparmiandosi, certo, fatiche e dolori (anche un infarto) ma approdando, irrevocabilmente, al giorno tanto atteso trasformato in un estraneo per la propria famiglia.
Non riconosce il figlio cresciuto obeso (il cattivo esempio del padre) né ricorda che la propria latitanza ha costretto la pur innamoratissima moglie a divorziare per risposarsi con un istruttore di nuoto mezza calza ma affidabile.
Il tutto è scandito e condito dalle gags “sandleriane” cui siamo abituati. Anche quelle meno eleganti (eufemismo). Ma la storia va via veloce, il dialogo è gradevole e persino lui, il cattivo ragazzo, si fa crescere negli occhi un’onda montante di tenerezza e di umanità che fanno sospettare esista un attore completo dietro la maschera del clown. Certo, nulla a che vedere con il più che perfetto James Steward. Ma sono anche altri tempi.
Adesso non ci sono vicini ed amici che si mobilitano tutti per salvarlo dalla bancarotta, in una delle scene più sentimentalmente ricattatorie della cinematografia universale. Adesso è il singolo che combatte e vince le proprie battaglie senza altro supporto chela propria esperienza e la propria coscienza. Al limite contribuiscono al riscatto i familiari, tutti. Quasi che, in cinquant’anni, il mondo degli esseri umani si sia ristretto vieppiù. E della comunità rimangano tracce giusto nei films. Osservazione malinconica, come malinconiche sono altre pennellate che Coraci (ma sarà parente di Capra, italoamericano anche lui?) distribuisce lungo tutto il film, seppure annidate - con mestiere - nel sorriso.
Anche l’angelo è stato “rivisitato”, nel terzo millennio. Ha sempre il compito di “dare una seconda opportunità ad un bravo ragazzo” mettendolo di fronte ai rischi che si corrono quando si è tentati di scambiare la vita per un supermercato dove scegliere solo le cose-situazioni-persone facili e/o felici, saltando a piè pari,come adolescenti viziati tutto quanto costa, pesa, affatica, ma del personaggio di Capra gli è rimasta solo la chioma ricciolona. Morty (così si chiama: un nome, un destino) ha guizzi perfidi nello sguardo bleu inimmaginabili quando non solo i films, ma anche i personaggi erano in bianco e nero.
Consiglio: per tutta la famiglia, ma anche per gli adulti che si vogliano “resettare” l’anima.
Quando si dice il caso…a partire dal nome del regista (e anche dalle iniziali: fateci caso!), è un rifacimento de “La vita è meravigliosa”, di Frank Capra, con il mitico James Stewart che si voleva suicidare la vigilia di Natale, ed incontrava l’angelo di terza categoria…
Sono passati più di cinquant’anni e la favola che ha fatto sentire più buone almeno tre generazioni di cinefili ritorna. Con le “correzioni” d’obbligo, ovviamente. A cominciare da Adam Sandler, sputato fuori dal Saturday Night Live, architetto stressantissimo che s’abboffa di junk food (merendine/patatine&affini), trascura una moglie incantevole e due figlioletti più che decorosi, ha un cane pasticcione che copula a raffica con un coniglio di pelouche (gag sublime) e lavora per un capo volgarissimo e che sembra la caricatura di un bonazzone di Beautiful, e non ce la fa più.
Al punto che, quando, finito negli antri di un misterioso grande magazzino, alla ricerca di un telecomando universale, s’imbatte in Christpher Walken iperricciuto e stropicciato, geniale nei panni di entità sulfurea, accetta il dono “avvelenato” di un telecomando che gli cambierà la vita. Infatti con un click può congelare un momento che lo fa soffrire (la lite con la moglie, ad esempio) o che, semplicemente, gli pesa (la cena con i genitori, nonostante il padre sia il redivivo Henry-Fonzie-Winkler nei panni adorabili di uno stonato ex.yuppie), con un click può “andare avanti” di mesi, di anni addirittura.
Proteso, da buon americano medio, alla conquista della promozione a partner del mega studio in cui lavora, usa ed abusa del telecomando. Perdendosi, così, fette sempre più cospicue della propria vita. Risparmiandosi, certo, fatiche e dolori (anche un infarto) ma approdando, irrevocabilmente, al giorno tanto atteso trasformato in un estraneo per la propria famiglia.
Non riconosce il figlio cresciuto obeso (il cattivo esempio del padre) né ricorda che la propria latitanza ha costretto la pur innamoratissima moglie a divorziare per risposarsi con un istruttore di nuoto mezza calza ma affidabile.
Il tutto è scandito e condito dalle gags “sandleriane” cui siamo abituati. Anche quelle meno eleganti (eufemismo). Ma la storia va via veloce, il dialogo è gradevole e persino lui, il cattivo ragazzo, si fa crescere negli occhi un’onda montante di tenerezza e di umanità che fanno sospettare esista un attore completo dietro la maschera del clown. Certo, nulla a che vedere con il più che perfetto James Steward. Ma sono anche altri tempi.
Adesso non ci sono vicini ed amici che si mobilitano tutti per salvarlo dalla bancarotta, in una delle scene più sentimentalmente ricattatorie della cinematografia universale. Adesso è il singolo che combatte e vince le proprie battaglie senza altro supporto chela propria esperienza e la propria coscienza. Al limite contribuiscono al riscatto i familiari, tutti. Quasi che, in cinquant’anni, il mondo degli esseri umani si sia ristretto vieppiù. E della comunità rimangano tracce giusto nei films. Osservazione malinconica, come malinconiche sono altre pennellate che Coraci (ma sarà parente di Capra, italoamericano anche lui?) distribuisce lungo tutto il film, seppure annidate - con mestiere - nel sorriso.
Anche l’angelo è stato “rivisitato”, nel terzo millennio. Ha sempre il compito di “dare una seconda opportunità ad un bravo ragazzo” mettendolo di fronte ai rischi che si corrono quando si è tentati di scambiare la vita per un supermercato dove scegliere solo le cose-situazioni-persone facili e/o felici, saltando a piè pari,come adolescenti viziati tutto quanto costa, pesa, affatica, ma del personaggio di Capra gli è rimasta solo la chioma ricciolona. Morty (così si chiama: un nome, un destino) ha guizzi perfidi nello sguardo bleu inimmaginabili quando non solo i films, ma anche i personaggi erano in bianco e nero.
Consiglio: per tutta la famiglia, ma anche per gli adulti che si vogliano “resettare” l’anima.