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La notte del mio primo amore: il primo teenblood italiano

La notte del mio primo amore: il primo teenblood italiano

Un esperimento mai tentato prima. In uscita nelle sale italiane l'11 agosto, La notte del mio primo amore si presenta, all’interno del panorama cinematografico italiano, come una assoluta novità. Il genere thriller- horror nel nostro paese, infatti, mai ha conosciuto una pellicola in grado di coniugare il modello statunitense con una produzione e un cast, invece, interamente autoctoni.

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La cultura Usa ci regala da anni una galleria eccellente di thriller-horror ad alto tasso adrenalinico, i cui protagonisti sono giovani e disinibiti studenti. Questa volta tocca al made in Italy coniugare le problematiche degli adolescenti con il terrore. La notte del mio primo amore lo fa evitando lo stereotipo statunitense e miscelando suggestioni provenienti da più fonti.

“L'idea stessa di un film italiano di genere” racconta Joanna Moskwa, Vanessa nel film “così auto-ironico, coraggioso, è stato uno stimolo fortissimo a dare il meglio. Le citazioni in questo film si sprecano, e la sceneggiatura riesce a sfruttare i diversi cliché dei film di genere senza per questo apparire mai scontata. Credo che ciò sia dato dall’iniziale impostazione del film, molto "soft" e adolescenziale. Lo spettatore rimarrà sorpreso dalla piega che prenderà la storia. Il pubblico italiano non è abituato a film che seguono fino alle ultime conseguenze delle linee guida così originali”.

“Per quanto riguarda le scelte registiche” spiega Alessandro Pambianco “il film non è girato esattamente all'americana, in quanto non utilizza il linguaggio ipercinetico e/o ad effetto che oggi contraddistingue quasi tutti i film di questo genere.

Di derivazione americana è il soggetto che da tipico teen-blood, genere nato negli USA, vede protagonisti un gruppo di teen-agers che si muovono negli ambienti tipici della loro fascia di età, che si vengono a trovare in una situazione di pericolo che li porterà anche ad una sorta di percorso iniziatico all'età adulta e che vivono emozioni e storie: il primo amore, la gelosia, le amicizie, le delusioni, temi declinati in genere nel cinema italiano nei modi della commedia o del dramma.

L'intenzione era quella di mescolare il teen-blood alla grande tradizione thriller-horror italiana del decennio a cavallo degli anni '60-'70 lavorando più su una costruzione della paura e della tensione attraverso le atmosfere e non sull'effetto grand-guignol fine a se stesso.

Il low-budget in questo caso è stata una risorsa in termini di scelte estetiche in quanto, dovendo scegliere all'interno di un piccolo budget, si è preferito privilegiare tutti gli elementi funzionali e coerenti con questa ispirazione iniziale: meglio qualche metro di binario in più che qualche litro di sangue”.

“La cosa che più ho apprezzato del film” conferma Giulia Ruffinelli, la Chiara di Pambianco “è stata quella di limitare l'uso degli effetti speciali, che purtroppo in molti film thriller-horror sono alla base della narrazione. Qui la paura della protagonista viene dalla situazione psicologica che sta vivendo e non dal puro splatter fine a se stesso. Chiara, e con lei tutti gli altri personaggi del film, hanno una forte caratterizzazione, che li rende credibili agli occhi di chi guarda. Credo sinceramente che questo sia uno dei punti di forza del film”.

Il bilancio dell’esperienza, insomma, è più che positivo; “La notte del mio primo amore” spiegano Pambianco e Rossella Belli della produzione “è un'opera prima per la produzione e per la regia, ma siamo convinti possieda una sua particolarissima forza, che sta nell'energetica alchimia che si è creata tra le scelte estetico/stilistiche della regia, e la spontaneità e vitalità dei cinque giovani protagonisti che hanno saputo dar vita a personaggi credibili e vicini all'esperienza quotidiana di ognuno di noi, con le loro belle facce, la gestualità e la naturalezza della recitazione e soprattutto con la magia di un feeling molto speciale che li legava e che arriva tutto man mano che la storia cresce. Questo perché il film è stata davvero un'avventura vissuta tutti insieme, con un grande spirito di gruppo e di appartenenza.

Il culmine è stato nei giorni di ripresa all'interno della villa, dove il luogo stesso, con la sua tragica storia e la sua architettura straniante, il freddo, la notte, ogni singolo elemento contribuiva a creare un microcosmo dentro il quale tutti ci trovavamo ad agire, attori per primi, in una sorta di sceneggiatura senza soluzione di continuità, che magicamente si ritrova tutta nelle atmosfere del film”.

Continua la produzione: “Speriamo davvero che il film piaccia. Innanzitutto perché crediamo molto nella storia, negli attori e nel regista; inoltre, sarebbe importante vedere premiato un piccolo progetto indipendente, fatto tutto con capitale di rischio.
In realtà ci sono altri importanti motivi per cui speriamo di vincere questa scommessa.

Esiste, infatti, un progetto più ampio che sta dietro questa esperienza produttiva, cioè il nostro tentativo di mettere a sistema, facendo da volano, una serie di realtà operanti nel campo della produzione e post-produzione audiovisiva in Umbria, dove c'è una città in particolare, Terni, che ha investito in un processo di riconversione industriale in questo settore (i teatri di posa del Centro Multimediale, gli studi di Papigno etc.) e dove noi intendiamo operare con l'idea di fare da apripista, con il sogno di creare una piccola cittadella della produzione indipendente. Che Roger Corman ci benedica da lontano”.