Cinema

La ragazza del lago

La ragazza del lago

Dirigere un film come dipingere un quadro: curando l’insieme e i particolari. I facili accostamenti tra diverse arti espressive trovano in quest’opera prima di Andrea Molaioli un buon esempio. Tutti i tasselli di quest’operazione cinematografica, dalla scelta del cast, dell’ambientazione, alla storia e ai suoi sviluppi raggiungono qui un perfetto equilibrio e danno vita a un piccolo grande film che restituisce fiducia alla capacità di raccontare del cinema italiano. Toni Servillo mette deliberatamente il proprio nome e il proprio mestiere nelle mani dell’esordiente regista e soprattutto di una storia defilata: un delitto come tanti, come purtroppo è sempre più di moda raccontare, qui spogliato di ogni facile sensazionalismo, ma visto “dall’interno”. Lo sguardo della macchina da presa indugia in un punto di vista in cui i superbi paesaggi della montagna friulana si colorano delle inquietudini dei protagonisti, tutti possibili sospetti, che di volta in volta danno modo ad attori di valore quali Valeria Golino, Anna Bonaiuto e Marco Baliani di dare ottime prove di sé nell’accompagnare il solitario e non meno tormentato commissario Servillo in un’indagine sempre più desolante, raccontata con grande semplicità e intensità. Molaioli si rivela innanzitutto un narrastorie, capace di manipolare una sceneggiatura sottile e niente affatto scontata insieme a un eccellente uso della luce e dei movimenti di macchina, che accompagnano il paese montanaro perso nel nulla, in cui i suoi abitanti si trovano a dover fare i conti soprattutto con la propria immagine allo specchio, che li guarda con gli stessi occhi privi di illusione della ragazza abbandonata in riva al lago