Cinema Cielo, spettacolo cult di Danio Manfredini, nuovamente in scena dopo più di vent’anni - debuttò nel 2003 al Festival di Santarcangelo e l’anno dopo vinse il Premio Ubu per la regia - è un lavoro poetico, malinconico e decadente.
Un riflessione intima e potente sulla condizione umana
Nel centro di Milano sorgeva una storica sala cinematografica a luci rosse, piuttosto famosa a suo tempo, Cinema Cielo, lo spettacolo di Manfredini, prende il titolo proprio da quella sala scomparsa. Nella penombra di questo cinema si consumavano e concretizzavano le voglie nascoste e i desideri erotici più vari e disparati.
Manfredini ha raccolto e conservato l'umanità che si raccoglieva davanti a quegli schermi e l’ha rievocata attraverso questa potente e malinconica creazione teatrale. L’artista ci regala una riflessione intima e a tratti grottesca sulla condizione esistenziale dell'uomo, sul suo disperato bisogno d'amore e di contatto fisico, sulla sua solitudine e sul sentimento d'abbandono.
L'autore lombardo abbraccia le debolezze, i vizi e le perversioni umane, senza giudizio né condanna, il suo sguardo aperto e delicato cerca di cogliere la bellezza e la poesia dell'essere umano anche e soprattutto tra le sue ombre e fragilità.
Immagini, suggestioni e frammenti: tra poesia e fragilità della carne
Lo spettacolo non ha una drammaturgia lineare, è più un complesso montaggio scenico di immagini e suggestioni, una sorta di esercizio di stile registico. In Cinema Cielo la parola è essenziale, scarna, frammentaria, ma densa di significato e di poesia: predilige il frammento, il simbolo, la suggestione alla narrazione in senso stretto.
Cinema Cielo “canta” la profonda solitudine umana e l’amara bellezza che si rivela nella fragilità della carne. L’impianto registico è la sapiente fusione di scene, frammenti e invenzioni teatrali.
In scena accanto a Manfredini, Patrizia Aroldi, Vincenzo Del Prete e Giuseppe Semeraro sono intensi interpreti, i cui gesti essenziali sembrano rivelare la sicurezza e la tranquillità serafica di chi sa perfettamente quello che sta facendo: rimettere in scena se stesso, tornare in un luogo conosciuto e frequentato.
Le voci degli attori, che rievocano gli ambienti e i frequentatori del Cinema Cielo si fondono ai suoni delle registrazioni di un progetto di film dell’autore ispirato al romanzo Nostra Signora dei Fiori, creando un effetto distorto e straniante.
Manfredini, una delle voci più sensibili del teatro contemporaneo, espressione di una rigorosa ricerca teatrale fuori da ogni percorso codificato, ricrea uno spettacolo toccante e delicato, il racconto di un’anima gettata nel delirio del mondo, in cerca di amore e risposte: una richiesta che probabilmente rimarrà inascoltata, ma che ci risuona dentro violentemente.